Cgil Cisl Uil a Reggio Calabria: il governo ci ascolti

di Giuseppe Danza

In 25mila si sono dati appuntamento sabato 22 giugno a Reggio Calabria: delegazioni di Uil, Cgil e Cisl provenienti da tutta Italia hanno sfilato unitariamente in corteo per chiedere al governo maggiori tutele per il Mezzogiorno e per le classi sociali deboli. Un fiume di lavoratori, pensionati e precari che hanno attraversato il centro cittadino per riunirsi a piazza Duomo. Location scelta non a caso per rimarcare quella “questione meridionale” troppo spesso dimenticata dai governi. “Riripartiamo dal Sud per unire il Paese” ha detto Carmelo Barbagallo, leader della Uil nonché meridionale doc. Tanti i temi al centro del dibattito, il quale ha visto protagonisti la Flat Tax, il salario minimo e ovviamente gli investimenti per il Mezzogiorno, temi scottanti per l’attuale governo, diretto destinatario del messaggio lanciato dal capoluogo calabrese. “Noi stiamo cercando di impedire che i provvedimenti approvati in Parlamento – dice Barbagallo dal palco – su proposta del governo producano ulteriori danni al Paese”.

QUEL MEZZOGIORNO DIMENTICATO DALLO STATO
Grande protagonista di questa manifestazione il Sud. Le regioni del Mezzogiorno chiudono la classifica europea sul tasso di occupazione più basso (in ordine: Puglia, Calabria, Campania e Sicilia), con punte di oltre il 30% in meno rispetto alla media Ue. Sono oltre 160 le grandi vertenze ancora aperte al Mise, prime fra tutte ArcelorMittal e Whirlpool, molte delle quali tengono in ostaggio molte famiglie del Sud. Per non parlare poi di giovani e lavoro (o disoccupazione, a guardare i dati) e del costante fenomeno dei cervelli in fuga dal Meridione verso il Nord o verso l’estero. Una sorta di dumping sociale quello accaduto e che continua ad accadere da sempre al Sud, in cui i bassi costi del lavoro e della vita hanno fatto proliferare business come quello dei call center in cui viene impiegata manodopera altamente scolarizzata per un salario al limite della povertà, giovani provenienti da quegli antichi atenei meridionali che avrebbero dovuto forgiare una nuova classe dirigente e opportunità di lavoro altamente qualificato. “Si calcola che un laureato del Sud costi alla famiglia e allo stato circa 240mila euro, – spiega il Segretario Generale Uil, Carmelo Barbagallo – investimenti che spesso finiscono al Nord o all’estero, con la migrazione dei cervelli”. I sindacati hanno scelto di manifestare a Reggio Calabria proprio perché nelle politiche e nei documenti del governo il Mezzogiorno sembra essere sparito. Una manifestazione fortemente voluta per denunciare “il deficit di attenzione dell’esecutivo nei confronti del Mezzogiorno rivendicando la salvaguardia dell’unità del Paese”. Il quadro è quello di un’Italia spaccata e a due velocità, un Paese in cui persino il vicino ponte sullo Stretto di Messina, grande opera mai realizzata, incarna perfettamente il fallimento di una unificazione nazionale mai completata. “Cristo s’è fermato a Eboli e l’alta velocità a Salerno – sostiene il leader della Uil – questo dà la dimensione di come il Sud sia ancora abbandonato. Bisogna fare investimenti pubblici e privati per rilanciare l’economia e fare le infrastrutture”, poi alza i toni: “Il Sud è rimasto lettera morta per molti anni, bisogna fare qualcosa. Le Regioni che non utilizzano i fondi europei e di coesione sono colpevoli e andrebbero commissariate”.

MENO DECRETI, PIÙ DIGNITÀ
Così recitava uno striscione in fondo al corteo. Salgono sul banco degli imputati i recenti decreti, i cavalli di battaglia del governo molto criticati dal palco. Per i confederali la Flat Tax è “un’arma di distrazione di massa che premia solo i ricchi e penalizza il Sud”, definendola “iniqua e sbagliata perché favorisce chi guadagna di più”. Occorre, inoltre, necessariamente combattere l’evasione fiscale e dire basta alla logica dei condoni, anche perché a detta di Barbagallo “all’Italia mancano 111 miliardi per evasione, 27 per usura e pizzo”. Sempre secondo i sindacati nel Def, nella legge di bilancio e nel Decreto Crescita il governo ammette che ci sarà una crescita economica del Paese non superiore allo 0,1% e questo penalizzerà soprattutto il Sud.
C’è poi il timore concreto, a detta dei leader sindacali, che il governo intenda mettere le mani sui fondi di Cassa Depositi e Prestiti per “far quadrare i conti invece che per finanziare opere sociali e materiali” e accusano pesantemente l’esecutivo, reo di lasciare inerme il Paese in balìa del debito pubblico. Più legalità, più investimenti e più lavoro, per Cgil Cisl e Uil, sembrerebbero quindi essere la ricetta giusta per far ripartire il Paese da questa profonda crisi. Dal palco, infine, Barbagallo avverte: “Se il governo non ci convoca sarà lui a farci andare avanti nella lotta. Andremo avanti con gli scioperi fino a quando non avremo ottenuto la modifica della politica economica”.

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