Lavoro sempre più povero, e i giovani non lo cercano

“Neet” è un termine inglese che, a differenza di tanti altri però, abbiamo tutti imparato a conoscere. Sì, perché come ormai sappiamo bene con questa parola si intendono quei giovani che non lavorano e non studiano e di cui purtroppo il nostro Paese è secondo solo alla Romania. Secondo l’ultimo rapporto Ambrosetti, l’Italia si trova inoltre al 17esimo posto nella classifica di attrattività globale guidata da Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna, grazie soprattutto al lavoro povero. Un dato che appare in tutta la sua drammaticità. In pratica anche se un lavoro ce l’hai, vieni sicuramente pagato meno che altrove.
Per aggravare ulteriormente la situazione corre l’obbligo ricordare che l’Italia è l’unico tra i grandi Paesi europei dove i salari sono più bassi di 30 anni fa.

MENO TASSE SUL LAVORO
Se prendiamo il 2022 vediamo che il salario medio è stato di 44.893 dollari (circa 41.500 euro), 488 dollari in meno rispetto al 1991 quando l’entrata media di un lavoratore era 45.342 dollari. Nello stesso periodo, però, per un lavoratore tedesco è andata molto meglio: sia perché in media guadagna di più, 54.600 euro, sia perché si ritrova 13.747 dollari in più rispetto agli Anni 90. Tendenza favorevole che riguarda anche i francesi e gli spagnoli. Il sindacato va da tempo dicendo quanto sia necessario abbassare il cuneo fiscale, che purtroppo però resta ancora oggi un nodo irrisolto del Governo.
L’Italia, a tal proposito, si trova al quinto posto tra i paesi Ocse per il differenziale più alto tra costo del lavoro e quanto finisce effettivamente nelle tasche dei lavoratori: tra tassazione e contributi siamo al 45,9%, contro il 34,6% della media Ocse.

ASCENSORE SOCIALE AL PALO
Insomma, in Italia l’ascensore sociale è bloccato. Questo significa che chi nasce precario spesso vi rimane a vita, e chi è disoccupato fa molta fatica a trovarsi un lavoro. Sempre nello studio Ambrosetti si evidenzia che solo il 13% dei disoccupati riesce a trovare un lavoro da un trimestre a quello successivo. E anche in questo caso il confronto con gli altri Paesi europei è vergognoso: siamo al terzultimo posto.
Vogliamo parlare degli inattivi? Negli ultimi dieci anni il numero di giovani tra i 20 e i 24 anni occupati è lentamente diminuito. Siamo passati dal 32,2% nel 2012 al 31,5%, ma sempre 19,1 punti in meno rispetto al resto d’Europa.

IL FUTURO CHE NON C’E’
I nostri giovani sono sempre più demoralizzati. Infatti, il 40% di loro non ritiene che il futuro sarà migliore, il 49% vive nell’incertezza e il 45% dichiara di voler passare il maggior tempo possibile in casa. Il compito del sindacato è quello di rendere questo Paese un posto migliore in cui lavorare, essere soddisfatti e ottenere un lavoro dignitoso, sicuro. Le idee non mancano, le energie neppure, spesso quello che manca è la capacità della politica di compiere scelte coraggiose che vadano al di là di un’elezione.

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