Si riunisce a Brussels il meeting sindacale dell’automotive sectoral network

di Gianluca Ficco

Si è tenuto a Brussels mercoledì 17 aprile il meeting sindacale dell’automotive sectoral network, per fare il punto su quanto sta accadendo in Europa nell’ambito della così detta transizione. Ad alcuni effetti già attesi, come il crollo delle immatricolazioni diesel e la maggiore concorrenza cinese e americana nel segmento delle auto elettriche, se ne aggiungono altri che forse non tutti si aspettavano, come il calo complessivo delle immatricolazioni e la sofferenza delle imprese della componentistica. Per richiamare qualche dato, il 20% delle auto BEV (completamente elettriche) vendute in Europa nel 2023 sono state fabbricate in Cina. I primi due produttori di auto elettriche risultano essere la cinese BYD e la americana Tesla. Le vendite complessive nel nostro continente nel 2023 si sono attestate a 14,7 milioni, ben al di sotto quindi dei 18,1 milioni del 2019. In poche parole il mercato dell’auto europeo al contempo si è ristretto ed è divenuto più vulnerabile alla concorrenza internazionale.

IL FUTURO
Soprattutto però sono le previsioni del futuro a far dubitare della correttezza della strada traccjata dalla UE verso la così detta transizione. Nei prossimi anni difatti si paventano vendite e produzione stagnanti. Se il diesel è stato già devastato, l’elettrico stenta difatti a far breccia nel cuore dei consumatori. Se perfino Tesla annuncia il taglio del 10% dei posti di lavoro globali, può essere facile immaginare quali rischi occupazionali incombono nelle nostre case automobilistiche.
Non tutti i paesi stanno pagando però il medesimo prezzo: fra quelli più colpiti certamente Italia e Francia; sul lato opposto Spagna e Turchia. La vera novità è che oggi a soffrire pare essere anche la Germania, la cui produzione resta colossale, ma si è ridotta da 6 a 4 milioni.
Non è facilissimo comprendere le misure adottate dai governi per attirare gli investimenti, ma appare palese che le nuove produzioni sono fortemente incentivate dagli Stati. A fronte di piani europei di sostegno ancora incerti ed opachi, risulta evidente il rischio di una acerrima competizione fra potenze industriali. In Germania addirittura si sta parlando di un gigantesco piano di incentivazione all’industria, che almeno nelle richieste sindacali dovrebbe arrivare a cinquecento miliardi di euro.

GRANDI INCERTEZZE
Difficile prevedere cosa accadrà di preciso in Europa e in Italia, che da tanti punti di vista appare come un vaso di coccio fra i vasi di ferro delle potenze industriali. Forse ci sarà qualche ripensamento o forse si continuerà imperterriti magari con l’aggravante di una ripresa delle politiche di austerità. Una cosa è certa: con la fine del motore a scoppio stiamo perdendo una eccellenza su cui si fondava la nostra competitività e ora dobbiamo rimboccarci le maniche per salvare un settore in cui i competitori asiatici e americani sembrano di gran lunga più forti di noi e gli altri Stati europei più pronti di noi a fare sistema. La transizione all’elettrico è appena iniziata.

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