Wärtsilä. Cosa fa l’Europa per fermare le delocalizzazioni selvagge?

La vertenza Wärtsilä, ultima in ordine di tempo approdata al Ministero dello Sviluppo economico, ci pone di nuovo di fronte al tema delle delocalizzazioni in Italia.
Ultimamente siamo passati dai licenziamenti per e-mail dei lavoratori della GKN di Firenze a quelli per WhatsApp della Gianetti Ruote di Monza-Brianza, a quelli in videoconferenza della Wärtsilä.
“È vergognoso – tuona il Segretario generale Uilm, Rocco Palombella – che in un Paese civile 451 lavoratori vengano licenziati in questo modo: senza preavviso, senza motivo e senza uno straccio di piano industriale”.

La piazza della manifestazione a Trieste il 3 settembre 2022

LA PROCEDURA DI LICENZIAMENTO
L’ultimo incontro al Ministero dello Sviluppo economico si è tenuto il 7 settembre alla presenza dei Ministri Giorgetti e Orlando, ma non ha prodotto risultati nonostante i toni duri usati dagli stessi Ministri nei confronti della multinazionale finlandese.
“La mia organizzazione – continua Palombella – insieme a Fim e Fiom, ha ribadito con forza la necessità del ritiro della procedura di licenziamento. Purtroppo, però, l’azienda ha respinto le richieste dei lavoratori, del sindacato e dello stesso Governo confermando la delocalizzazione e i licenziamenti”. Un atteggiamento scorretto se pensiamo che Wärtsilä, nonostante le numerose richieste di chiarimento abbia sempre negato costantemente la possibilità di cessare la produzione a Trieste.

Rocco Palombella dal palco della manifestazione a Trieste il 3 settembre 2022

A RISCHIO L’INTERO GRUPPO IN ITALIA
L’azienda negli ultimi sei anni ha ricevuto dall’Italia ben 60 milioni di finanziamenti pubblici che gli hanno permesso di rendere il sito produttivo di Trieste tra i più moderni e competitivi al mondo nella produzione di motori marini e propulsori per le centrali elettriche.
“Senza il cuore produttivo – spiega il leader dei meccanici della Uilm – non ci sarà futuro per le attività di servizi, ricerca e sviluppo triestine e per i service di Genova, Napoli e Taranto. A rischio, quindi, è l’intero Gruppo in Italia e tutto l’indotto, complessivamente 1.500 lavoratori”.
Nella manifestazione che si è tenuta a Trieste sabato 3 settembre, il sindacato ha difeso una fabbrica sana, strategica per questo territorio e per tutto il Paese. È stata una manifestazione molto partecipata, a dimostrazione di quanto questa sia una vertenza che riguarda non un semplice sito produttivo, ma un’intera città.

E L’EUROPA COSA FA?
Quanto accaduto, a fronte di un provvedimento anti-delocalizzazioni inefficace (tanto che gli stessi Ministri hanno detto che c’è bisogno di inasprire le norme) ci mette di fronte agli occhi ancora una volta l’annoso problema delle delocalizzazioni selvagge in Europa. La domanda che ci viene spontanea è: che gioco ha giocato e continua a giocare l’Unione europea?
“Il paradosso – dice Palombella – è che l’Ue non fa nulla per arrestare la concorrenza sleale tra gli Stati lasciando libere le multinazionali di agire senza limiti. Tutto questo sta provocando chiusure, delocalizzazioni e la perdita di migliaia di posti di lavoro. Per tutti questi motivi – conclude – è urgente che si apra una discussione seria in Europa, c’è bisogno di regole precise e condivise che pongano un argine alle delocalizzazioni selvagge. Lo è ancora di più se pensiamo che siamo di fronte alla sfida epocale della transizione ecologica, con la necessità di salvaguardare il nostro patrimonio industriale”.

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