Rinnovato anche il CCNL dell’Industria Orafa, Argentiera e del Gioiello

di Luca Maria Colonna

Il 23 dicembre 2021, dopo quasi 18 mesi dalla scadenza contrattuale, dopo una lunga trattativa in presenza e a distanza, che ha presentato momenti di tensione e la necessità di una mobilitazione nei principali poli orafi del Paese, è stato rinnovato l’ultimo dei contratti nazionali scaduti della nostra Categoria: il contratto nazionale dell’industria orafa, argentiera e del gioiello. Si applica a oltre 700 aziende con circa 11mila lavoratori concentrati in gran parte in tre province italiane: Alessandria, Arezzo e Vicenza che nel 2020 occupavano circa 7.500 lavoratori.

L’ipotesi di accordo è stata firmata con gli incrementi riportati in tabella e che corrisponde in percentuale al 6,51% da giugno 2022 fino a dicembre 2024, comprendendovi anche 8,19 euro medi erogati in applicazione al computo dell’IPCA a giugno 2021.

Aumenti

Giugno 2022 Giugno 2023 Dicembre 2024 Totale
1a Categoria eliminata
2a 20,41 22,05 38,38 80,84
3a 22,49 24,29 42,28 89,06
4a 23,40 25,27 43,99 92,66
5a 25,00 27,00 47,00 99,00
5a S 26,68 28,82 50,17 105,67
6a 28,68 30,98 53,93 113,59
7a 31,19 33,68 58,64 123,51

Vi ricordo che invece nel settore metalmeccanico a giugno 2021 si è preso l’aumento di 25 euro medi frutto del negoziato concluso il 5 febbraio 2021. Permangono le differenze tra i minimi dell’industria metalmeccanica e quella orafa che si è creato dal 2000 in poi e allargato per effetto della dilatazione dei tempi dei negoziati. Però con questo rinnovo si è arrestata la tendenza e non si sono allungati ulteriormente i tempi. Inoltre, si è aumentato l’elemento perequativo a 250 euro annui che in un settore con una dimensione media di 16 dipendenti per impresa risulta utile ed è stato innalzato al 2% il contributo aziendale al fondo Cometa.

PARTE NORMATIVA
Sulla parte normativa si sono apportate innovazioni per l’apprendistato in linea con quanto fatto con Federmeccnica e Assistal, così come è stata introdotta una causale “formativa” per i contratti a termine delle persone che non possono essere assunte come apprendisti per l’età (anche se, il legislatore sta operando nel senso di permettere l’apprendistato anche per ultra 29enni, purché disoccupati).
Rinvio al testo dell’accordo e al volantone unitario per la descrizione di dettaglio dell’ipotesi di accordo, perché in questa sede mi interessa di più descrivere il contesto in cui si muovono le imprese orafe e le dinamiche che si stanno verificando.

UN SETTORE INTERNAZIONALE
Il settore orafo è sempre stato un settore importante per la nostra economia, piccolo ma internazionalizzato e poi il valore della materia prima, incorporato nella manifattura sosteneva e sostiene tutt’ora un settore che si ramifica nel mondo bancario, delle fiere, delle spedizioni e delle vendite all’ingrosso e al dettaglio e che è la terza voce per esportazioni della nostra bilancia commerciale (prima del 2000 era la seconda), dopo l’industria metalmeccanica e l’agroalimentare.
L’arrivo di concorrenti come turchi, cinesi e indiani, dall’inizio del secolo, ha spiazzato le imprese, insieme a cambiamenti importanti nella struttura dei consumi: lo dico e lo scrivo sempre, pensate a quanto oro vi hanno regalato alla vostra Prima Comunione e quanto ne hanno regalato in occasione della Prima Comunione dei vostri figli o dei vostri nipoti.
Sono stati 20 anni difficili per il settore con fallimenti e chiusure di imprese e da ultimo ci si è messa la pandemia che ha bloccato un commercio basato sulle fiere. Eppure dal 2016, qualcosa è cambiato: i grandi attori del lusso, svizzeri e francesi, hanno cominciato a guardare alla capacità dei lavoratori orafi italiani e hanno cominciato a investire e anche ad assumere in Italia: la Bulgari con sede legale a Roma e stabilimenti con 700 dipendenti ad Alessandria, di proprietà del gruppo LVMH e la Cartier di proprietà del gruppo Compagnie Financière Richemont con sito ad Alessandria, Milano e Torino, dove occupa quasi 300 persone e dove la Uilm è il sindacato di riferimento (nelle foto che accompagnano l’articolo, scatti delle assemblee che – nonostante il Covid – ho avuto l’onore di svolgere).

SITUAZIONE BIPOLARE
Questo crea una situazione “bipolare”, una metà degli 11mila lavoratori è impegnato in queste aziende grandi e innovative, con tutti gli elementi per essere catalogate imprese 4.0, che durante la pandemia sono cresciute e hanno continuato a lavorare e l’altra metà occupata nelle piccole aziende “messe su” da operai che 30 o 40 anni fa ad Alessandria, ad Arezzo e a Vicenza si sono messi in proprio e lavorano con su piccole serie: aziende che spesso non sanno come affrontare la creazione di un sito internet, non dico per vendere ma almeno per mostrare il proprio catalogo. Queste due tendenze stanno “strappando” il settore che, come sindacato, vogliamo tenere nella nostra categoria, ma che subisce anche l’influenza e l’“attrazione” del settore della moda.
Fatto il contratto, dobbiamo pensare a come accompagnare la crescita della produzione e dell’occupazione che non necessita dei fondi del PNRR, ma di buon senso e buone scuole di formazione professionali.

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