L’Editoriale

Care lavoratrici e cari lavoratori,

sono state settimane molto intense per le diverse vertenze che abbiamo dovuto affrontare e per le notizie di licenziamenti arrivate, di punto in bianco, da alcune aziende che hanno in prevalenza stabilimenti nel Mezzogiorno.

Il 18 gennaio scorso siamo stati al Ministero delle Imprese e del Made in Italy per la convocazione al tavolo dei metalmeccanici con il Ministro Adolfo Urso. Nell’incontro abbiamo ribadito la centralità delle politiche e strategie industriali nazionali per risolvere le numerose crisi aziendali e vincere la sfida della transizione ecologica.

Gli effetti della totale inerzia dei vari Governi che si sono avvicendati negli anni li abbiamo sotto gli occhi: crisi irrisolte da anni, delocalizzazioni selvagge, reindustrializzazioni fallite, perdita del controllo della filiera produttiva e dipendenza dall’estero sulle materie prime, migliaia di posti di lavoro persi, record della cassa integrazione e assenza di reali prospettive occupazionali.

A oggi abbiamo 70 mila lavoratori interessati dalle crisi aziendali ai quali, se non ci saranno interventi urgenti e mirati sulla gestione della transizione ecologica nell’automotive, se ne potranno aggiungere altri 70 mila.

Siamo consapevoli che le sfide che abbiamo di fronte sono complicate, ma senza un percorso condiviso con le Istituzioni, un dialogo fattivo costante e misure concrete e attuabili dal Governo, rischiamo di trovarci presto di fronte a uno scenario ancora più drammatico.

Dalla siderurgia all’automotive, dall’elettrodomestico alla cantieristica e alle telecomunicazioni, il settore metalmeccanico rappresenta un comparto strategico per l’Italia. Per questo è indispensabile la massima attenzione e un forte impegno del Governo.

Dal Ministro ci aspettiamo un cambio di passo rispetto al passato, siamo di fronte a un bivio: o si affronta al meglio la sfida della transizione ecologica oppure l’Italia rischia di diventare marginale in Europa e nel Mondo.

Il programma di incontri fissato va nella giusta direzione, ora ci aspettiamo che si passi dai buoni propositi ai fatti, attraverso un’analisi attenta delle crisi aziendali e la ricerca delle migliori soluzioni per salvaguardare l’occupazione e il patrimonio produttivo, anche all’interno di un programma di politiche industriali europee.

Il 19 gennaio è stata invece la volta dell’ex Ilva, 700 lavoratori sono arrivati a Roma per protestare sotto il Mimit durante l’incontro, in concomitanza con lo sciopero nello stabilimento tarantino. Tuttavia, nessun accenno è stato loro rivolto né dal Ministro né dalle altre Istituzioni presenti al tavolo, tantomeno dagli esponenti dell’azienda.

La proposta dell’accordo di programma spuntata dal nulla e con il consenso generale, mentre il sindacato ne era allo scuro, l’ho definita vergognosa. Come sappiamo, da quando ArcelorMittal ha avuto in gestione gli stabilimenti è andata avanti a colpi di cassa integrazione portando la produzione da 8,5 milioni di tonnellate a 3 milioni di tonnellate nel 2022.

L’ingresso di Invitalia non è servito a cambiare la situazione e con l’ultimo decreto si vogliono concedere ulteriori risorse all’azienda, senza garanzie e senza l’aumento di capitale previsto da parte di Invitalia. Noi ci siamo fortemente opposti e continueremo a lottare fino all’ultimo lavoratore affinché lo Stato prenda il controllo degli stabilimenti per gestire la transizione all’acciaio green.

A questa crisi atavica se ne sono aggiunte altre: la G&W ha deciso di chiudere e lasciare a casa 120 lavoratori, 114 sono nello stabilimento di Foggia dove l’azienda ha il cuore produttivo sin dagli anni Settanta; una notizia drammatica che si è aggiunta a quella di Dema, che coinvolge quattro stabilimenti e 600 lavoratori, di cui 300 sarebbero a rischio tra Brindisi e Somma Vesuviana.
Noi abbiamo subito chiesto al Ministro Urso la convocazione urgente di un tavolo per affrontare queste questioni con la massima priorità, il Sud ha bisogno ora più che mai di investimenti, di lavoro, di soluzioni. E non di chiusure e licenziamenti.

Anche per questo all’ultimo Esecutivo della Uil, che si è tenuto il 24 gennaio scorso, abbiamo deciso che saremo impegnati nei prossimi mesi in un percorso di mobilitazione. Convocheremo le assemblee sui posti di lavoro e decideremo le iniziative da mettere in campo da qui a maggio prossimo.

È urgente oggi più che mai far sentire la nostra voce, quella di un popolo che non vuole assistenza, ma che chiede lavoro, futuro, certezze.

Buona lettura…

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