Acciaieria Arvedi Trieste: rappresentare i lavoratori per la difesa del lavoro

di Guglielmo Gambardella

L’elezione di una rsu Uilm in Green Energy for Steel, società del gruppo Arvedi in Trieste, rappresenta un risultato di estrema importanza per l’organizzazione dei metalmeccanici della Uil. Un punto fondamentale per completare il quadro di rappresentanza della Uilm in tutte le realtà del gruppo siderurgico nel capoluogo friulano che, dallo scorso anno, ha avviato la riconversione dell’ex Ferriera di Servola, dopo lo spegnimento dell’altoforno avvenuto nell’aprile del 2020 su richiesta delle istituzioni locali, nonostante l’adempimento alle previste normative AIA.

SALVAGUARDIA OCCUPAZIONALE
La Uilm, con l’accordo Uilm-Fim-Failms-Usb del 20 gennaio scorso, ha preteso e ottenuto la salvaguardia di tutta l’occupazione e la realizzazione di un Piano Industriale di riconversione che prevedesse lo sviluppo dell’area a freddo, a seguito della chiusura di quella a caldo, con investimenti complessivi pari a oltre 200 milioni di euro.
Fatti salvi eventuali ritardi nelle concessioni delle previste autorizzazioni, è auspicabile poter avere in marcia le nuove linee di verniciatura e zincatura entro la fine del 2022 per consentire il riassorbimento di tutti i lavoratori dell’ex area a caldo attualmente in cassa integrazione.

TRE SOCIETÀ DEL GRUPPO
Le attività di Arvedi sull’ex Ferriera prevedono un’articolazione attraverso le tre società del gruppo: Acciaieria Arvedi per la trasformazione dei coils prodotti a Cremona, Logistica Giuliana per le attività logistiche e Gefs per la gestione della nuova centrale elettrica.
Essere riusciti (unica organizzazione sindacale) a ottenere almeno una rsu Uilm in ogni società del gruppo ci consentirà di seguire complessivamente il processo di riconversione in atto e la realizzazione del piano industriale e dei previsti investimenti in tutte le realtà del polo siderurgico triestino.
All’interno di questo processo, la priorità della Uilm resta quella di poter verificare la ricollocazione, in particolare, dei 350 lavoratori dell’ex area a caldo, che in parte saranno accompagnati alla pensione con incentivazione e in parte saranno impiegati inizialmente nelle operazioni di smantellamento ma successivamente, dopo la prevista riqualificazione, ricollocati nelle altre attività del complesso siderurgico triestino. Un processo che Arvedi vuole condurre a tutta velocità per poter approfittare del momento favorevole di mercato in prospettiva di una sostenuta ripresa economica post Covid.

L’AZIONE DEL GOVERNO
Purtroppo, in attesa di verificare l’annunciata politica industriale di settore che l’attuale governo intenderà assumere, è evidente che le aziende siderurgiche provino a non restare ferme rispetto a un mercato in evoluzione e a intervenire in prospettiva di un contesto che vedrà una forte spinta verso la piena compatibilità ambientale, con riferimento alle indicazioni europee per il raggiungimento della condizione di impatto zero emissioni nel 2050.
La vicenda di Trieste, con la chiusura dell’area a caldo, ha privato il nostro sistema manifatturiero della disponibilità di una produzione di circa 400mila tonnellate di ghisa: una perdita importante in un Paese che vede una produzione di acciaio da forno elettrico già fortemente sbilanciato a sfavore di quella da altoforno (rapporto 3 a 1), a differenza del resto dell’Europa che vede invertito il rapporto.

IL SETTORE SIDERURGICO
È evidente, anche in funzione delle decisioni che verranno assunte sull’ultima acciaieria in marcia nel nostro Paese (Taranto), che la questione di reperire il rottame resterà strategica per il nostro sistema siderurgico.
Purtroppo il caso Trieste resterà una vicenda dolorosa nell’ambito delle vertenze industriali: sindacati e azienda lasciati da soli e costretti a trovare una soluzione per salvaguardare occupazione e produzione industriale a causa della visione miope di una politica che non guarda oltre il proprio orizzonte temporale del mandato ricevuto. 

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