Wartsila, un’altra multinazionale schiaffeggia l’Italia

di Guglielmo Gambardella

Tutti possono vedere la mie tattiche, nessuno può conoscere la mia strategia” (Sun Tzu).
La vertenza Wartsila rappresenta l’ennesima brutta e dolorosa vicenda industriale del nostro paese iniziata nel 2022 con omissioni, impegni e disimpegni, violazioni di leggi e normative, da parte di una multinazionale che, dichiarando la sua volontà di cessare le sue attività produttive in Italia, non si è assunta la responsabilità sociale di lasciare integro un patrimonio di capacità industriali e di conoscenze al paese ospitante.

PROMESSE DISATTESE
È bene ricordare che nel marzo 2022 il presidente di Wartsila assicurò, in un incontro con le organizzazioni sindacali ed i vertici delle istituzioni locali, che quello di Trieste sarebbe stato confermato un sito produttivo con portafoglio ordini fino al secondo semestre 2023. Purtroppo, dopo soli pochi mesi, le stesse organizzazioni sindacali e le istituzioni ricevettero la comunicazione, da parte della multinazionale, dell’avvio della procedura per la cessazione delle attività produttive del sito di Trieste ed il licenziamento di 451 lavoratori. Successivamente, a seguito del ricorso di Fim Fiom e Uilm, il Tribunale di Trieste condannò Wartsila per “condotta antisindacale” ed ordinò il ritiro della procedura.

L’ACCORDO DEL 2022
Il 29 novembre 2022, dopo manifestazioni, scioperi, iniziative di mobilitazioni sindacali, venne sottoscritto un accordo dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, regione FVG, Confindustria Alto Adriatico ed Organizzazioni sindacali con cui Wartsila si impegnava a mantenere la produzione dei motori fino al settembre 2023, a presentare un piano industriale per le attività non interessate alla dismissione, a non avviare procedure di licenziamento ed a farsi carico del progetto di reindustrializzazione attraverso un processo di ricerca di nuovi investitori per garantire la vocazione industriale ed il mantenimento dei livelli occupazionali. Il primo impegno nell’assicurare la continuità produttiva fu solo parzialmente mantenuta con l’avvio anticipato della dismissione degli impianti prima delle scadenze previste.

UN INSUCCESSO
Negli incontri ministeriali che si tennero nei primi mesi del 2023 furono presentate da Wartsila manifestazioni di interesse da parte di soggetti industriali con un profilo, capacità progettuale e dimensione aziendale non rispondenti alle caratteristiche necessarie per poter raggiungere l’obiettivo di una continuità ed una prospettiva di lungo periodo. Un vero e proprio insuccesso. Predeterminato? Si arrivò, dunque, al 31 luglio scorso dove si prese atto dell’incapacità (o mancanza di volontà) da parte di Wartsila di individuare investitori capaci di reindustrializzare le attività dismesse e che l’accordo del 29 novembre 2022 dovesse essere prorogato con conseguente utilizzo di ammortizzatori sociali fino al 31 dicembre.

ACCORDO DI PROGRAMMA
Nei mesi successivi il MiMIT annunciò la volontà di costruire un Accordi di Programma funzionale alla reindustrializzazione. Data la mancanza di soggetti industriali, il governo fu costretto a chiedere il soccorso di una controllata di stato: Ansaldo Energia. L’azienda italiana leader nel settore per la produzione di apparati per l’energia, inizialmente in partenariato con Mitsubishi, partecipò con i suoi massimi responsabili aziendali nell’incontro al MiMIT del 19 dicembre ed illustrò le linee guida del suo piano industriale. Nello stesso incontro, alla luce di una nuova prospettiva offerta da Ansaldo Energia che avrebbe però richiesto tempo per poterla realizzare, il governo chiese a Wartsila di poter prolungare l’accordo del 29 novembre 2023 e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali. A fronte di questa richiesta i rappresentanti della multinazionale finlandese chiusero la porta.

LA PROROGA E LO SCHIAFFO
Successivamente alla trattativa iniziata il 19 dicembre, ripresa il 28 dicembre e proseguita nell’arco di tutta la giornata del 9 gennaio, dopo aver raggiunto un’intesa, con la dirigenza italiana di Wartsila presente al tavolo di trattativa, per la proroga dell’accordo quadro del 29 novembre del 2022 per ulteriori 6 mesi compresa la proroga del CdS fino al 30 giugno 2024, i rappresentanti aziendali di Wärtsilä si presentarono in tardissima serata al tavolo ministeriale e comunicarono che non c’erano le condizioni per sottoscrivere l’intesa precedentemente raggiunta.
Uno schiaffo istituzionale pesantissimo fortemente stigmatizzato dai rappresentanti del MiMIT guidati dal sottosegretario Fausta Bergamotto.
Nei fatti, non sottoscrivendo l’accordo di proroga sul Cds, la multinazionale preannunciò il licenziamento dei 300 lavoratori della produzione e il rischio occupazionale dei 600 lavoratori, delle restanti attività del sito di Trieste, prefigurando un possibile progressivo disimpegno della multinazionale in tutto il territorio nazionale.

ZERO CREDIBILITA’
Al momento, l’epilogo della vicenda ci porta a concludere che in questi ultimi 12 mesi la multinazionale non abbia voluto ottemperare all’impegno della reindustrializzazione del sito.
A questo punto ci attendiamo che Governo e Regione Friuli-Venezia Giulia assumano le decisioni e le iniziative per raggiungere l’obiettivo della reindustrializzazione e la salvaguardia occupazionale e, meglio ancora, con una prospettiva più allargata rispetto all’attuale perimetro.
Certo, rimaniamo perplessi sulle decisioni assunte da Wartsila e sul metodo adottato per la gestione di questa vicenda che ha compromesso la credibilità di una importante multinazionale a livello internazionale e soprattutto con l’Italia che rappresenta che può e deve continuare ad essere strategico per la multinazionale in quanto presidio industriale per il bacino commerciale nel Mediterraneo.
La conflittualità che si genererà a livello istituzionale e sindacale nelle prossime settimane, nel caso in cui non ci fosse un ripensamento da parte dei finlandesi, non gioverebbe ad un gruppo che ha forti interessi in Italia, a partire da quelli contrattualizzati commercialmente con la più grande azienda cantieristica navale italiana ed europea controllata dallo stato italiano, Fincantieri. Forse, solo fra qualche tempo sarà chiara la strategia di Wartsila.

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