L’accordo raggiunto nella notte del 29 novembre al Ministero delle Imprese e del Made in Italy per la Wartsila di Trieste rappresenta un primo passo all’interno di un percorso che deve avere come obiettivo la reindustrializzazione del sito, con la piena tutela occupazionale e una solida prospettiva industriale.
“È importante aver ottenuto l’impegno da parte del Governo e della Regione come garanti nell’accompagnare e verificare i vari passaggi di questo percorso, a partire dalle ipotesi industriali che verranno esplicitate nei prossimi mesi”. A dirlo sono Michele Paliani, Coordinatore nazionale Uilm del settore cantieristica e Antonio Rodà, Segretario Uilm Trieste Gorizia, al termine del tavolo ministeriale presieduto dal Sottosegretario Bergamotto. “La ripresa produttiva fino a settembre 2023 – aggiungono – deve essere funzionale a dare continuità salariale ai lavoratori, in attesa dello sviluppo e attuazione del progetto industriale del nuovo investitore che subentrerà”.
IL VOTO DEI LAVORATORI
L’accordo, immediatamente sottoposto al giudizio dei lavoratori, è stato approvato con la quasi unanimità dei presenti in assemblea: 789 su 800, infatti, hanno votato a favore dell’intesa firmata al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. “Come abbiamo spiegato ai lavoratori – proseguono Paliani e Rodà – questo accordo sarà propedeutico a creare le condizioni per il percorso di reindustrializzazione, garantendo la continuità produttiva e la salvaguardia occupazionale. Un buon lavoro reso possibile anche grazie all’impegno del Governo e della Regione. Ora parte il percorso e verificheremo passo passo che tutto avvenga nella giusta direzione: difesa dell’occupazione e continuità e tutela dell’attività industriale”.
COME SI È ARRIVATI FINO A QUI
Pochi minuti e in videoconferenza: così Wartsila aveva annunciato a luglio scorso il licenziamento in tronco per 451 lavoratori del sito di Trieste e la volontà di delocalizzare la produzione di motori per navi nel suo stabilimento in Finlandia. Decisione confermata anche nell’incontro del 27 luglio all’ex ministero dello Sviluppo economico, al quale aveva partecipato Giorgetti.
La risposta del sindacato non si era fatta attendere: il 4 agosto sono state fatte otto ore di sciopero in tutti i siti del Gruppo e, il 3 settembre, si è tenuta una grande manifestazione cittadina a Trieste.
Poi finalmente una buona notizia: il giudice del lavoro del Tribunale di Trieste, Paolo Ancora, ha accolto il ricorso presentato dai sindacati di categoria in merito al comportamento antisindacale della azienda, revocando la procedura di licenziamento per i lavoratori.
Il Gruppo è stato condannato al pagamento di 50mila euro a ciascuna delle sigle sindacali a titolo di risarcimento per danno di immagine, al pagamento delle spese legali e di pubblicazione del decreto su alcuni quotidiani nazionali.
Da quel momento il clima è cambiato. Pur confermando la decisione di dismettere la produzione di motori, l’azienda ha dichiarato di aver ricevuto alcune manifestazioni di interesse per il sito triestino. Le organizzazioni sindacali hanno richiesto alla multinazionale un impegno atto a garantire la continuità dello stabilimento fino alla concreta realizzazione di una alternativa industriale, da definire in sede governativa, che salvaguardi l’occupazione e la continuità produttiva del sito, l’azienda ha risposto che lo potrebbe fare per un tempo definito.