Ilva: ore interminabili di attesa per l’acciaieria più grande d’Europa

 di Rocco Palombella

Scadono il 25 giugno prossimo i 45 giorni in cui il Consiglio di Stato dovrà pronunciarsi sull’impugnativa da parte di Ilva A.S. e Acciaierie d’Italia per stabilire se chiudere o meno l’area a caldo dello stabilimento ex Ilva di Taranto. L’importante organo amministrativo, infatti, ha concluso la fase dibattimentale il 12 maggio scorso.

AMBIENTE SVENDUTO
Ad attendere la sentenza c’è tutto il governo, migliaia e migliaia di lavoratori, giornalisti, associazioni e organizzazioni sindacali, soprattutto quelle del nostro settore metalmeccanico. Data la grande attenzione ci saremmo aspettati un verdetto entro le due settimane canoniche, per fine maggio, ma purtroppo questo non è avvenuto. Anzi, nel frattempo proprio il 31 maggio è arrivata la sentenza in primo grado di giudizio dell’indagine “Ambiente svenduto”, che ha disposto decine di condanne per (quasi tutti) gli oltre 40 imputati con pene severissime, da un minimo di 3 anni di carcere a un  massimo di 24. Le diverse associazioni che si erano costituite parti civili sono state risarcite con ingenti somme economiche. Inoltre, essendo l’Ilva di Taranto un impianto sottoposto a sequestro con l’assegnazione a un custode giudiziario, c’è stata anche la regolarizzazione della confisca che sarà esecutiva dopo il terzo grado di giudizio.

INCONTRI AL MISE
Nel frattempo abbiamo svolto diversi incontri con i ministri Giorgetti e Orlando, l’ultimo il 14 maggio, sollecitati dai sindacati per chiedere un intervento da parte del governo al fine di far rispettare gli investimenti previsti da ArcelorMittal prima e Acciaierie d’Italia dopo, investimenti industriali e ambientali.
Gli incontri, tuttavia, sono finiti con un nulla di fatto nonostante il governo tramite Invitalia sia entrato nel CdA della nuova società versando i 400 milioni di euro. I ministri hanno più volte dichiarato di essere loro stessi in attesa della sentenza.

RELAZIONI INDUSTRIALI INCRINATE
Dopo il 14 maggio, in assenza della sentenza e con l’aggravarsi della situazione a Taranto, le relazioni industriali hanno continuato ad aggravarsi e peggiorare sempre di più. C’è stato un aumento della cassa integrazione, numerosi provvedimenti disciplinari nei confronti dei lavoratori e il blocco degli interventi manutentivi e degli investimenti ambientali.
Da parte nostra abbiamo sollecitato nuovamente Giorgetti, Orlando e a quel punto anche Cingolani per capire quali fossero le reali intenzioni del governo. Purtroppo senza esito.

ANCORA CASSA INTEGRAZIONE
All’inizio di giugno c’è stata una ulteriore richiesta di cassa integrazione, in continuità con quella di 13 settimane già richiesta per Covid per circa 4mila persone, e questo ha creato ulteriori momenti di tensione. Dobbiamo considerare anche che il rallentamento produttivo non si giustifica, perché la situazione di mercato è completamente cambiata rispetto all’inizio della cassa nel luglio del 2019. All’epoca vi era una riduzione di tre milioni di tonnellate per ArcelorMittal a livello europeo, oggi invece la condizione di mercato prevede la richiesta di acciaio (e non solo) e purtroppo Acciaierie d’Italia oltre a non aver approvato il bilancio non è in grado di poter cogliere questa condizione positiva del mercato.

AMBIENTE E OCCUPAZIONE
Taranto, che non riesce a marciare con tre altiforni in sicurezza, produce utilizzando solo due altiforni (ha riavviato il 2 e fermato il 4); ha fermato di conseguenza l’acciaieria 1 e ha un numero consistente di lavoratori in cassa integrazione.
Noi ci auguriamo che nel frattempo non ci siano ulteriori elementi di tensione e che arrivi quanto prima il pronunciamento del Consiglio di Stato. Auspichiamo che il Consiglio di Stato possa esprimere un giudizio libero da qualsiasi condizionamento nel rispetto della vita della persone, della salvaguardia ambiente, occupazionale e produttiva. 

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