Istat: Crolla la produzione industriale

di Giuseppe Danza

L’Istat tira le somme: segno meno per l’Italia nella produzione manifatturiera nei primi 11 mesi del 2018. Un calo congiunturale tendenzialmente in linea con gli altri Paesi europei, ma che preannuncia un 2019 molto difficile per l’industria italiana, soprattutto se si considera che gli indicatori qualitativi del mese di dicembre lasciano intravedere un ulteriore peggioramento. In Italia, la produzione industriale ha registrato un calo del 3,7% nei primi undici mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo 2017 e un calo dell’1,6% nel solo mese di novembre rispetto ad ottobre.

INDUSTRIA EUROPEA
Anche nel resto d’Europa la produzione industriale ha registrato segno meno, lasciando presagire un forte contraccolpo per l’intera economia comunitaria. Nel solo mese di novembre il calo registrato in Germania è stato dell’1,9% su ottobre, in Spagna dell’1,5% e dell’1,3% in Francia. Calo meno avvertito in Gran Bretagna dove l’asticella si è fermata allo 0,4%. Nel terzo trimestre del 2018 l’Italia ha registrato un Pil negativo dello 0,1% e la Germania dello 0,2%. Due trimestri consecutivi di contrazione equivalgono per gli analisti alla cosiddetta “recessione tecnica”.

L’INDUSTRIA MANIFATTURIERA
Secondo le stime dell’osservatorio Intesa Sanpaolo, in tutta l’Italia i distretti industriali conterebbero all’incirca 153 aree d’insediamento, molto spesso principali fonti di benessere di intere comunità locali. Per queste particolari aree geografiche un forte calo dell’industria manifatturiera potrebbe comportare un indebolimento della coesione sociale e territoriale, ma non solo. I vantaggi della produzione industriale italiana vanno a beneficio dell’intera economia del Paese: basti pensare che il 96% del valore esportato dall’Italia è infatti ancora oggi determinato da beni manufatti e una crisi industriale minerebbe quindi l’equilibrio dei conti con l’estero, poiché la capacità di finanziare gli acquisti di beni e servizi importati è quasi interamente riconducibile all’export manifatturiero. Rilanciare l’industria italiana significa quindi garantire un futuro sostenibile al Paese, ossia più posti di lavoro qualificati, retribuzioni più alte e maggiore resilienza dei territori. Tutti fattori che contribuiscono a migliorare il clima di fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche, oltre che a salvaguardare la sostenibilità delle finanze pubbliche.

LA CRISI DELL’AUTO
Dato ancor più sconcertante è quello relativo all’industria dell’auto, che nei primi 11 mesi del 2018 ha registrato un vertiginoso calo del 19,4% rispetto al 2017. La notizia è stata prontamente rimarcata dal Segretario generale della Uilm, Rocco Palombella: “E’ evidente che il trend negativo per l’Italia è particolarmente pesante, visto che negli ultimi anni c’era stata una leggera ripresa non paragonabile a quella degli altri Paesi europei. Particolarmente allarmante il dato sull’industria dell’auto che ha fatto registrare un calo del 19,4% su base annuale. Questo è la conferma che il settore, e in particolare Fca e CnhI, ha un peso molto importante per il Paese. A maggior ragione i decreti attuativi del governo in merito all’Ecobonus potrebbero determinare in positivo o in negativo l’andamento della nostra economia”.

PIU’ INVESTIMENTI
Per il Segretario generale della Uilm non ci sono dubbi: in questo particolare momento di crisi per l’industria italiana (e quindi per il Paese) è fondamentale “una seria politica di investimenti in infrastrutture e di sostegno all’economia e alla competitività delle imprese”. Per la Uilm, infatti, non può esserci un’industria competitiva se l’Italia non investe in nuove infrastrutture poiché ammodernare e ampliare le infrastrutture esistenti significa dotare imprese e cittadini di vie di trasporto, di comunicazione e di approvvigionamento energetico più efficienti e più efficienti che accrescono la produttività del sistema-Paese. Dello stesso avviso pare essere il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio: “Il crollo della produzione industriale è un crollo che vediamo a livello europeo, perché l’economia mondiale si sta trasformando: c’è la guerra dei dazi e l’Italia ha investito pochissimo nelle nuove tecnologie negli ultimi 10 anni”. Il ministro Di Maio ha inoltre sottolineato come l’esecutivo stia “cercando di colmare il ‘gap’, con un miliardo sul venture capital per le start-up innovative”, nonché con altre misure come l’ampia della diffusione della banda larga. Sulla stessa scia, anche il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ribadendo la prontezza dell’Italia a una eventuale nuova crisi economica, dichiara: “Faremo il contrario rispetto agli ultimi governi. Gli ultimi governi da Monti a Renzi avevano una situazione economica positiva e hanno tagliato, noi con una situazione internazionale negativa invece mettiamo più soldi nelle tasche degli italiani, è l’unica cosa intelligente da fare”.

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