Essere operaio oggi nel Tigullio, la mia esperienza

Antonino Di Bella

La Liguria è spesso considerata una regione per alcuni aspetti fortunata, il mare e la montagna a pochi passi fanno di essa un luogo particolare. Mentre Genova, un tempo uno dei vertici del triangolo industriale, è la città che sta cambiando pelle col turismo cercando, grazie anche al lavoro quotidiano della Uilm, di salvare l’occupazione manifatturiera e della cantieristica navale che rischia di essere decimata dalla logistica e dalle nuove tendenze green. Il Tigullio è invece un territorio a sé non solo perché storicamente autonomo ma per la varietà dei contesti lavorativi. Realtà quindi diverse che vede questo ipotetico triangolo esteso con i suoi confini tra Sestri Levante a est Portofino ad ovest e la Val d’Aveto a nord confinante con l’Emilia.

TURISMO E INDUSTRIA
Questa mia introduzione non vuol essere una noiosa lezione di geografia, ma una descrizione delle varie anime lavorative di questo territorio. Perché se l’entroterra ha una vocazione agricola e in parte turistica, sicuramente Portofino rappresenta il clou del turismo e assieme a S. Margherita Ligure e Rapallo hanno principalmente una situazione lavorativa turistica e della pesca. Sestri Levante, invece, ha sempre avuto un’anima prettamente industriale tanto da avere sul proprio territorio Arinox, creatura della famiglia Arvedi, e in località Riva Trigoso si stagliano in alto le gru dei Cantieri navali, gioiello di Fincantieri, che da sempre costruiscono imbarcazioni per il settore civile e navi militari.
Al centro del Tigullio c’è Chiavari, la mia città, comune baricentrico e capofila che potrebbe essere il capoluogo virtuale di una ipotetica provincia. L’artigianato è stato un suo punto di forza accanto al commercio che ancora oggi vede impiegati un certo numero di lavoratori.
Oltre a ciò, la città è sede di importanti enti pubblici, tra i quali la direzione dell’Asl 4, l’Agenzia della Entrate, gli uffici del Giudice di Pace, l’Inps ed altri. Insomma, tutto farebbe pensare che non ci possa essere posto per un’azienda manifatturiera, a differenza del suo entroterra che vede operare piccole e medie fabbriche. E invece negli anni Sessanta fa la sua comparsa Lames.

LAMES

Nata come stabilimento dove si fabbricavano fucili da caccia, tubi metallici per sottomarini e di gomma per gli usi più diversi e cerniere, si avvicina al settore auto producendo prima telecomandi e poi i primi costruendo telecomandi per i clienti italiani soprattutto Fiat. A ciò si aggiunge la fabbricazione di alzacristalli per auto (il sistema che permette al cristallo della portiera di salire e scendere) che diventerà il core business (come dicono gli amanti dell’inglese) di questa azienda. Quando nella fredda mattina del 9 dicembre 1994 a trent’anni (anche se lavoro dai diciassette) varcai i cancelli di quella che sarebbe stata la mia prima esperienza lavorativa alla catena di montaggio in una fabbrica metalmeccanica non pensavo certo che tale lavoro mi portasse a diventare, molti anni dopo, un delegato sindacale e componente del Direttivo di Genova e del Tigullio.
Il clima era molto sindacalizzato ma pagava lo scotto della grande crisi e dei licenziamenti di fine anni Ottanta. Nel decennio successivo però Lames si allarga aprendo filiali a Melfi e in Serbia e si specializza, proprio nel periodo della mia assunzione, definitivamente nel settore automotive. Parallelamente alla prime commesse Fiat, già in essere negli anni Settanta, amplia la propria clientela a Peugeot, Bmw, Suzuki, Volvo, Ferrari e diverse altre. Nel Tigullio rappresenta ancora oggi la fabbrica più grande di questo compartimento anche se nell’entroterra ci sono piccole aziende che producono per lo stesso settore.

AUTOMOTIVE
Già… il settore auto, croce e delizia dei lavoratori! Di quei lavoratori che mai come in questo momento sono nell’occhio del ciclone superati nella difficoltà solo dalla tragicità della situazione dei colleghi dell’ArcelorMittal.  Ma la vita del comparto italiano dell’auto non è stata mai facile. Ciclicamente in crisi, vede nell’autunno del 1980 con la marcia, antisindacale è bene ricordarlo, dei cosiddetti “quarantamila” uno dei momenti più brutti della storia operaia. Da allora molta acqua è transitata sotto i ponti e migliaia di lavoratori hanno lasciato il posto di lavoro espulsi dall’ incremento dei robot e della tecnologia. Così è successo anche in Lames quando negli anni duemila a momenti di ripresa si intervallavano periodi di bassa produzione spesso coincidenti, stranamente (?), con i rinnovi del Contratto Nazionale. Nonostante l’ennesima crisi del settore sia a livello italiano che internazionale, in fabbrica tutto sembrava filar liscio fino a quando nel 2010 l’azienda presentò un progetto per la costruzione di un nuovo stabilimento nell’entroterra e parallelamente l’edificazione nel vecchio sito di una serie di palazzi ad uso abitativo.
Il dibattito crebbe in città e si estese alle amministrazioni locali e regionali. In ballo c’erano sono molti soldi ma sopratutto la garanzia dell’occupazione della forza lavoro all’epoca presente.
Quando tutto sembrava prendere una giusta piega ecco la doccia fredda: poco prima del Natale 2013 l’azienda portò i libri contabili in tribunale dichiarando di voler accedere al concordato preventivo. Subito dopo nominato dal Tribunale il curatore iniziò il lungo calvario. Assemblee di fabbrica, spesso infuocate, col contributo dei lavoratori, quasi sempre operai (è bene sottolinearlo), con la costante presenza della nostra Uilm, divennero momento di lotta per salvaguardare il posto di lavoro.

HI-LEX ITALY
La città e l’amministrazione comunale fecero la propria parte, la regione Liguria si prese carico del problema e grazie ai nostri sacrifici, anche economici, si giunse nel 2016 alla cessione dell’azienda alla multinazionale giapponese Hi-Lex Corporation e la fabbrica della città assunse il nome di Hi-Lex Italy. Nel passaggio alla nuova proprietà i primi tempi sono stati di “studio” da parte dei dirigenti, alcuni dei quali appartenenti alla vecchia “guardia”, poi si è ripreso a produrre quasi esclusivamente per FCA poi diventata Stellantis. Ma una stasi nell’acquisizione di nuove commesse ha portato nuovamente alla richiesta di cassa integrazione. Io ricordo con tristezza quando in sede di Confindustria ci venne comunicata tale richiesta e in seguito ricordo gli ulteriori incontri nella stessa sede fino ad arrivare alla firma presso gli uffici di Regione Liguria. Poi come se non bastasse è arrivato il Covid con un’ulteriore cassa e poi nel 2022 ecco un’altra comunicazione ben più tragica: esuberi! Altre lotte con assemblee e cortei nelle vie di Chiavari e nelle strade di Genova. Lotte che comunque hanno portato alla riduzione degli esuberi che sono scesi di numero e alla salvaguardia del posto di lavoro anche di soggetti deboli cha altrimenti sarebbero stati espulsi.
Non è stato facile votare in assemblea l’accordo sapendo che alcuni dei nostri colleghi non sarebbero più stati parte dei lavoratori Hi-Lex! Nell’autunno scorso però due di loro sono rientrati perché il giudice li ha reintegrati ammettendo il loro ricorso e quindi hanno ripreso a lavorare assieme a noi.

DAVIDE CONTRO GOLIA
Anche stavolta Davide ha vinto contro Golia! Attualmente Hi-lex Italy conta circa 300 dipendenti tra operai, impiegati e dirigenti oltre a una cinquantina di persone che ruotano nell’indotto. Purtroppo, però il settore automotive riserva sempre sorprese, quasi sempre come in questi mesi, negative. Assistiamo pertanto con preoccupazione agli annunci altalenanti dell’amministratore delegato di Stellantis, Tavares, che mette in dubbio le produzioni negli stabilimenti storici dell’ex Fiat. Occupazione e sicurezza devono marciare di pari passo e quindi non dovrebbero essere tra le preoccupazioni delle lavoratrici e dei lavoratori, ma comparire ogni giorno nell’agenda del governo e dei politici di tutti gli schieramenti. Purtroppo, entrambi gli argomenti balzano sulle pagine dei giornali per situazioni sfavorevoli e tragiche come le morti dei poveri operai a Firenze e come quelle delle altre vittime che solo nel 2023 hanno superato le migliaia. Concludo questo articolo sperando di aver portato un piccolo contributo alla presenza della “nostra” Uilm nelle realtà di fabbrica.

Saluti e buona vita!

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