Lavoro povero e precario: un quadro preoccupante per l’Italia

L’Italia terra di santi, poeti, navigatori e lavoratori poveri e precari. Questo emerge dal Rapporto 2022 dell’INAPP, Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, presentato lo scorso 8 novembre alla Camera dei Deputati alla presenza della Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone.

SALARI BASSI
Negli ultimi trenta anni, dal 1990 al 2020, l’Italia è stato l’unico Paese europeo dove si è registrato un calo dei salari, pari al 2,9%, mentre in Germania è cresciuto del 33,7% e in Francia del 31,1%, con una media OCSE del +38,5%. In particolare, il calo maggiore che si è osservato in Italia è stato nell’ultimo decennio, dal 2010 al 2020, quando i salari sono diminuiti dell’8,3%. Nel corso degli ultimi tre decenni è, quindi, aumentato il divario tra la crescita media dei salari nei Paesi OCSE e la crescita dei salari in Italia, arrivando al -19,6% nel 2010-2020.
Allo stesso tempo, sottolinea il Rapporto, la produttività è cresciuta del 21,9%, quindi si nota come “non sembrano aver funzionato i meccanismi di aggancio dei livelli salariali alla performance del lavoro”.
In Italia l’8,7% dei lavoratori percepisce una retribuzione annua lorda di meno di 10mila euro mentre solo il 26% dichiara redditi annui superiori a 30mila euro. Inoltre rispetto ai lavoratori con reddito più basso, il 12% non è in grado di provvedere autonomamente ad una spesa improvvisa, il 20% riesce a fronteggiare spese fino a 300 euro e il 28% spese fino a 800 euro. Quasi uno su tre ha dovuto posticipare cure mediche.

BOOM DEL PRECARIATO
Lo scorso anno l’83% delle nuove assunzioni è stato con contratti precari, con un aumento del 34% negli ultimi 12 anni. Un record negativo che pone il nostro Paese negli ultimi posti tra gli Stati europei.
Il 2021 è stato anche l’anno del ritorno a un tasso di occupazione ai livelli pre-crisi, circa 200mila posti di lavoro in più rispetto al 2019 e al 2018, con prevalenza della componente maschile: 54% contro il 46% per le donne. Il nostro Paese ha impiegato 18 mesi mentre nei Paesi OCSE la risalita era già consistente nel secondo trimestre 2020 e si è completata in 15 mesi.
Dalla fotografia scattata dall’INAPP viene evidenziata un’Italia in forte sofferenza, con un mercato del lavoro in condizioni sempre più precarie, con un impoverimento progressivo dei lavoratori rispetto a quanto avviene nel resto dei Paesi europei. Per questo la Uilm ha chiesto da tempo al Governo interventi urgenti e strutturali, che vadano a incidere sul cuneo fiscale, riducendo le tasse sul lavoro, a partire dalle tredicesime, e a mettere in campo ogni strumento efficace per vincere le sfide future, come la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e serie politiche industriali che ridisegnino le filiere rivoluzionate dalla transizione ecologica. L’Italia è a un bivio storico per il suo futuro. Non si può sbagliare.

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