Transizione ecologica, rischi o opportunità? La tavola rotonda al XVII Congresso Nazionale Uilm

“Io sono figlio dell’acciaio, mio padre e mia madre si sono conosciuti nel ‘71 nell’ex Italsider di Taranto. Mio padre è stato uno dei primi 25 assunti per la costruzione dello stabilimento. La mia vita quindi è legata alla storia dell’acciaio italiano”. Così Angelo Mellone, vicedirettore Rai Daytime, ha aperto la tavola rotonda sulla Transizione ecologica che si è svolta il 5 ottobre scorso all’Ergife Palace Hotel nel corso del XVII Congresso Nazionale Uilm. A lui è stato affidato, infatti, il compito di moderare il dibattito su una tematica cruciale che sta investendo tutto il mondo dell’industria. Seduti davanti a lui, su poltroncine bianche posizionate per l’occasione, Pierpaolo Bombardieri, Segretario generale Uil, Rocco Palombella, Segretario generale Uil, Davide Mele, Stellantis, Franco Bernabé, Accierie d’Italia, Leonardo Becchetti, Università di Roma Tor Vergata.

LA RICERCA SULLA TRANSIZIONE
Mellone ha chiamato subito sul palco Samuele Alessandrini e Bianca Minotti, i due giovani ricercatori di Està, l’Ente di ricerca non profit a cui la Uilm ha commissionato una ricerca sul tema, che hanno illustrato con alcune slide i risultati più importanti dello studio.
Quello che è emerso in modo evidente, partendo dai limiti di emissione di CO2 e da tutte le normative europee che mirano a salvaguardare il Pianeta contenendo l’aumento della temperatura, è che nel settore metallurgico dopo la crisi del 2008 sono calate sì le emissioni, ma conseguentemente alla chiusura degli impianti. Questo denota la mancanza di politica industriale che da sempre la Uilm denuncia: il calo delle emissioni, infatti, dovrebbe avvenire per ammodernamento e investimenti sugli impianti e non a seguito di chiusure degli stessi.
La ricerca dedica poi un focus al settore dell’automotive che è quello che prima degli altri avrà necessità di adeguarsi alle politiche europee. Il comparto infatti è responsabile per oltre il 12% delle emissioni a livello europeo. Secondo alcune stime, la domanda di auto elettriche arriverà a superare già dal 2025 quella di qualunque altro tipo di auto, fino ad arrivare nel 2030 al 50% e nel 2050 all’80%. Tutto questo si scontra purtroppo con una rete infrastrutturale molto in ritardo.
Il rischio occupazionale è elevato: se un autoveicolo tradizionale con motore endotermico è composto da 7mila componenti, uno elettrico arriva a un massimo di 4mila, per cui si prevede che il 40-45% degli occupati italiani, ovvero tra i 110 e i 120mila lavoratori, sarà impattato dal passaggio all’elettrico.

STRUMENTI PER AFFRONTARE LA TRANSIZIONE
“Per una transizione senza traumi è necessario aprire un dibattito serio sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario”. A lanciare la proposta è Rocco Palombella che aggiunge: “L’Italia non deve posticipare i tempi previsti dagli accordi europei, in primis sullo stop alla vendita entro il 2035 delle auto a benzina e diesel; al contrario deve fare delle scelte e programmare per tempo la transizione, recuperando il terreno perso per mettersi in prima fila”. Non solo, dunque, la data fissata dalla Commissione Ue “deve essere rispettata” ma anche, “al contrario di quanto ha cercato di fare il nostro Paese, si devono anticipare i tempi con ingenti investimenti salvaguardando e riqualificando l’occupazione”. Il tema comunque deve essere al centro dell’agenda del futuro Governo.

PROTAGONISTI DEL CAMBIAMENTO
“Stellantis vuole giocare la sfida da vincitori, costruendo un’auto pulita, sicura, connessa e accessibile. I costi di questa trasformazione tecnologica sono elevati, il 50% in più a parità di segmento, e per affrontare questa sfida vengono richiesti enormi investimenti”. Sono le parole di Mele alla tavola rotonda. “Abbracciamo la transizione – ha rimarcato – ma non dimentichiamo che c’è una legislazione euro 7 che obbliga le aziende a investire nel motore endotermico. In realtà il 2027 sarà già un anno in cui il motore endotermico andrà a morire. Da questo punto di vista chiediamo una revisione dell’euro 7”, ha detto ancora sostenendo che il tema della transizione è stato affrontato “al contrario”. “Il problema riguarda l’elettrificazione – specifica Bernabè subito dopo – cioè più si elettrifica più si va in direzione della transizione energetica. Negli anni Novanta l’elettricità sui consumi finali era del 17%, nel 2020 ha raggiunto il 22% del totale. Resta il 78% di consumi finali fatti attraverso i combustibili fossili. Se ci sono voluti 30 anni per migliorare di 5 punti, com’è possibile nei prossimi 10 migliorare di 30 se non distruggendo gran parte del tessuto produttivo? Con il picco termico, tra gennaio e febbraio prossimi, e il gas russo che non ci sarà, avremo dei problemi giganteschi, interi settori industriali saranno costretti a chiudere”.
Il professor Becchetti aggiunge un altro tassello: “La cosa fondamentale è eliminare il dumping di inquinamento. Questo significa che un prodotto che non rispetta le regole delle emissioni, alla frontiera europea deve pagare un dazio molto alto. L’Italia deve tornare ad avere una politica industriale e dobbiamo cogliere questo momento come un incentivo maggiore a muovere per la nostra indipendenza energetica”.
Il leader Uil Pierpaolo Bombardieri sottolinea che occorre “una riflessione più ampia sugli obiettivi dei prossimi anni. Che tipo di valore darà il nostro Paese al lavoro? E questo sarà il tema più importante dei prossimi mesi. Noi abbiamo preso atto delle affermazioni dei politici a cui speriamo seguano i fatti. Il dialogo sociale è avere la capacità di confrontarsi prima di assumere decisioni e non a pacchetto chiuso. Quella è informativa, non è dialogo. Il confronto non è personale, è con i lavoratori e le lavoratrici che noi rappresentiamo e che ascoltiamo quotidianamente”.

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