Whirlpool rivede la sua strategia e mette perfino in dubbio la permanenza in Europa

di Gianluca Ficco

Dopo l’odiosa decisione di chiudere lo stabilimento di Napoli, Whirlpool per qualche tempo aveva mandato segnali di rilancio della sua attività in Europa e in Italia. Non parliamo tanto delle dichiarazioni dei vertici aziendali, che pure a più riprese avevano annunciato un’imponente mole di investimenti, quanto di segnali tangibili nelle fabbriche: incrementi produttivi e perfino nuove assunzioni. Questo quadro era stato da ultimo fotografato nell’incontro nazionale di febbraio 2022, in cui venivano riferiti risultati finanziari lusinghieri e prospettive di crescita in tutti gli stabilimenti.

LA DOCCIA FREDDA
Dopo neanche tre mesi però la nuova doccia fredda: Whirlpool fa sapere di aver avviato una revisione strategica in Europa, Medio Oriente e Africa, che terminerà entro la fine del terzo trimestre e che potrebbe comportare addirittura una vendita dell’attività, il mantenimento della stessa o opzioni ibride. La multinazionale attribuisce tale decisione alle crescenti tensioni geopolitiche e commerciali, con correlata crisi degli approvvigionamenti, e parla in modo esplicito di un mondo meno globale, nonché della opportunità di concentrarsi nelle regioni profittevoli del pianeta, escludendo evidentemente l’Europa da queste.
Un atteggiamento apparentemente così schizofrenico merita un sia pur sintetico riepilogo di cosa è accaduto negli ultimi anni e getta purtroppo una luce sinistra sulle dinamiche geoeconomiche che stanno investendo il nostro Paese.

L’ACQUISIZIONE DI INDESIT
Ebbene non troppi anni or sono, correva l’anno 2014, Whirlpool si sentiva abbastanza forte in Europa da acquisire la storica impresa italiana Indesit. L’acquisizione produsse subito un primo colpo: la chiusura della fabbrica di frigoriferi di Caserta, che riuscimmo solo in parte a lenire con un accordo che prevedeva da una parte la allocazione al suo posto di un magazzino ricambi Whirlpool e dall’altra l’insediamento di una fabbrica di batterie del gruppo Seri. Inoltre il piano di integrazione fra i due gruppi non diede i risultati sperati ed anzi generò inefficienze e perdite tali da indurre ad una revisione delle strategie industriali. Bene inteso i problemi per la multinazionale americana sono stati concentrati quasi soprattutto nel vecchio contenente, poiché a livello globale la sua posizione di leadership è sempre rimasta intatta.

LA VERTENZA DI NAPOLI
Ad ogni modo, in quell’ambito di revisione dei piani europei, nel 2020 maturò la sciagurata decisione di chiudere la fabbrica di lavatrici di Napoli. Dopo quasi due anni di durissima vertenza, a fine 2021, i 317 lavoratori coinvolti sono stati purtroppo licenziati; le uniche cose che si sono riuscite a strappare in trattativa sono state un incentivo di 95mila euro e in alternativa la possibilità di essere trasferiti a Varese, nonché la disponibilità a cedere a titolo praticamente gratuito lo stabile a potenziali investitori. Il Governo, tradendo le sue innumerevoli promesse, non è stato in grado non dico di forzare la mano alla multinazionale, ma nemmeno di guidare la vertenza verso forme di tutela forte per i lavoratori. Oggi siamo in attesa di conoscere il piano di reindustrializzazione del Consorzio Sistema Campania, in teoria interessato all’area ex Whirlpool, ma la azione sindacale per chiedere piani di riassorbimento occupazionale prosegue anche verso le Istituzioni.

IL MERCATO
Nel frattempo Whirlpool stava beneficiando della ripresa del mercato degli elettrodomestici causata dalla epidemia di covid, che come si può immaginare aveva spostato i consumi da alcuni settori temporaneamente preclusi ad altri tendenzialmente domestici. Tale ripresa di mercato ha favorito un rilancio sia dei volumi produttivi sia dei conti economici, anche nella pur sempre problematica Europa.
Ma due nuovi cigni neri sono comparsi a scompaginare il quadro economico: prima la crisi degli approvvigionamenti, con rincari e scarsità delle forniture, e infine la tragica guerra in Ucraina. Si tratta di due dinamiche strettamente connesse e potenzialmente fatali per la nostra industria, se la concatenazione degli eventi volgerà al peggio. E Whirlpool è la prima multinazionale leader di un settore a mettere in dubbio l’opportunità stessa di operare in Europa, che da terra ricca e potente rischia di diventare una regione pericolosa, in piena decadenza politica ed economica, oserei dire storica. L’Italia, manco a dirlo, fra tutti i membri dell’Unione europea è forse il più esposto e il più impreparato. Per questi motivi non solo stiamo chiedendo un incontro alla multinazionale e al Governo, ma stiamo insistendo per una politica di settore e per la istituzione di una Agenzia degli approvvigionamenti. L’Italia deve focalizzare le proprie necessità strategiche e agire di conseguenza per salvare l’apparato produttivo, prima che sia troppo tardi.

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