Il mercato della Russia per Padova vale oltre 160 milioni di euro

di Davide Crepaldi

Con la guerra in Ucraina ci stiamo facendo del male, la diplomazia deve trovare una soluzione in termine assoluto di vite umane, riportare la ragione nell’Est Europa per non rivivere gli orrori di 70 anni fa. Anche qui a Padova stiamo assistendo ai piccoli quotidiani problemi di un tessuto che ha già dovuto subire le pazzie del Covid, un territorio simbolo per i fatti accaduti al piccolo ospedale di Schiavonia, o per la totale desertificazione del bacino termale di Abano, medici ed infermieri eroi rimasti chiusi dentro l’ospedale sorvegliato dai militari e migliaia di persone senza lavoro e senza ammortizzatori sociali sul bacino termale.
Un’ondata che ha colpito tutte le aziende metalmeccaniche e non solo legate al turismo, produttori di macchine da caffè, di lavastoviglie, di trattamento dell’aria.

INCERTEZZA PER IL FUTURO
Ecco, dopo il lock-down che ha visto la nostra categoria firmare oltre 6.850 fondi di solidarietà bilaterale per i lavoratori dell’artigianato e diverse decine di migliaia nel settore dell’industria, ora ci sentiamo dire che il lavoro c’è e tanto, ma l’incertezza per il futuro è maggiore. Avere gli ordini ma dover tagliare la produzione perché il costo dell’energia e delle materie prime manda i contratti già stipulati in perdita e parlare di aumenti significa vedersi revocati gli ordini. Meglio attendere e aspettare tempi migliori? L’incertezza scatenata dalla guerra ha creato un clima di attendismo e rinvio delle commesse che ci preoccupa, sta diventando una spirale; ogni giorno qualche grossa azienda ci presenta la richiesta di cassa integrazione con sempre la stessa motivazione: “Incertezza del mercato”.

PREZZI ALLE STELLE
Già dall’ultimo trimestre del 2021 si era notata una certa riluttanza a parlare di contrattazione o previsioni a breve termine, ora capiamo il perché i costi del gas erano già in aumento da diversi mesi ma nessuno voleva sbilanciarsi, nessuno credeva ad un attacco vero e proprio.
Le imprese ci annunciano che dovranno rivedere i listini dei prezzi, ma se il mercato non li assorbe allora dovremo rivedere i contratti del costo del lavoro. Sì perché anche aziende flessibili e resistenti come quelle padovane hanno necessità di ossigeno.
Purtroppo, il conto è presto che servito: dal primo giorno di guerra al fine settimana sono stati oltre 1.500 i lavoratori a rischio cassa integrazione, principalmente aziende energivore, zincherie, fonderie, acciaierie, ma ben presto la filiera seguirà il percorso.

AZIENDE IN DIFFICOLTÀ
Le aziende in difficoltà come la Mita di Conselve (90 dipendenti, oltre 30 autisti indiretti) si passano diverse commesse allo stabilimento gemello in Croazia causa gas triplicato; alla Komatsu di Este (550 dipendenti, oltre 60 indiretti di cooperativa) è stata avviata la cigo per mancanza di componenti semiconduttori e particolari in lamiera e acciaio; alla Fip Mec (oltre 100 dipendenti) la cassa deve sopperire a un aumento non sostenibile del costo dell’acciaio, prezzo richiesto dai fornitori causa aumento dell’energia.
E ancora le Acciaierie Venete (oltre 550 lavoratori) hanno rallentato la produzione perché il costo dell’energia elettrica prodotto con il metano non è sostenibile; già da ottobre la componente energia era notevolmente aumentata ma ora i costi raggiungono livelli gravissimi. E mentre OCS Spa rinvia un paio di commesse destinate alla Russia, la settimana si chiude con l’ex Ilva di Legnaro (30 dipendenti), che rientra in un piano di Cigs nazionale. Lunedì si riparte con la richiesta di cassa integrazione delle fonderie padovane sempre per costi legati all’energia e rincaro materie prime e puntualmente cominciano decine di richieste di fondi bilaterali per gli artigiani coinvolti dalle sanzioni.

GIRO D’AFFARI
Il giro d’affari tra Padova e Russia è intenso, già nel 2014 avevamo visto fallire diverse aziende per lo stesso motivo, senza contare che diverse realtà padovane hanno filiali in Russia (si legga Arneg Spa, leader del freddo nella grande distribuzione mondiale). Del resto tra Italia e Russia sono a rischio 20 miliardi di interscambio. Meglio pensare ai civili e allo sviluppo che al colore di Crimea e Donbass.

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