Acciai Speciali Terni: Arvedi, un futuro tutto da (ri)costruire

di Guglielmo Gambardella

L’acquisizione di Acciai Speciali Terni da parte del gruppo Arvedi non rappresenta solo un cambio di proprietà di un importante insediamento industriale. Il subentro del gruppo di Cremona alla gestione della multinazionale di Essen non rappresenta solo la creazione del primo gruppo siderurgico italiano con una produzione di 6 milioni di tonnellate l’anno integrata con le lavorazioni del sito di Trieste. La cessione da parte di Thyssenkrupp del sito ternano non indica solo un raro esempio di (ri)conquista di un’azienda in mani italiane nel nostro Paese. Acciai Speciali Terni rappresenta soprattutto una seria valorizzazione di asset strategico nazionale su cui si può investire per creare ricchezza e lavoro di qualità: una nuova prospettiva per l’intera siderurgia italiana.

FINE DELLE INCERTEZZE
Per il sottoscritto, che ha avuto la possibilità di seguire il destino dell’azienda fin dalla dolorosa vertenza del 2014, la cessione di AST rappresenta soprattutto la conclusione di un percorso segnato da tante incertezze e non poche difficoltà nel seguire, monitorare e presidiare in tutte le sedi istituzionali (e non solo) l’evoluzione industriale del sito ternano.
Le difficoltà finanziarie di Thyssenkrupp che affliggono la multinazionale tedesca ormai da diversi anni avevano sancito inequivocabilmente il disinteresse e l’incapacità nel continuare a gestire le attività siderurgiche determinando, in particolare, un lento logoramento della realtà industriale di Terni. Già con il piano di ristrutturazione del 2014 la multinazionale tedesca, a fronte della forte opposizione dei sindacati italiani, aveva rinviato la sua intenzione di chiudere un forno rispetto ai due esistenti. Se fosse passato questa impostazione, molto probabilmente avremmo lasciato la strada aperta per il completo spegnimento dell’area a caldo sancendone un destino ad un esclusivo centro di trasformazione di acciaio.

IL RUOLO DEL SINDACATO
La Uilm, con le altre organizzazioni sindacali, ha quindi preteso, ad ogni successiva verifica nell’arco del piano di ristrutturazione, il mantenimento almeno del livello minimo di produzione di acciaio colato di 1 milione di tonnellate annuo che consentisse il mantenimento dei due forni elettrici e dei relativi livelli occupazionali.
A partire dal 2014 abbiamo discusso (non poco) per costringere Thyssenkrupp ad effettuare almeno gli interventi minimi manutentivi che assicurassero la continuità di esercizio degli impianti e degli standard minimi di sicurezza.
L’aver appreso dalle prime dichiarazioni di Giovanni Arvedi e Mario Caldonazzo, rispettivamente presidente ed amministratore delegato del gruppo cremonese, la volontà di investire fino ad 1 miliardo di euro nei prossimi anni in sostenibilità ambientale, tecnologie innovative, ricerca e sviluppo, incrementi occupazionali e nuovi prodotti, a partire dal ritorno alla produzione del magnetico, è per noi la svolta tanto auspicata dai lavoratori ternani.
La Uilm, oltre a tutto questo, auspica che il cambio di proprietà possa rappresentare anche l’opportunità di riconquistare migliori condizioni economiche e normative che con il sofferto accordo del 2014 i lavoratori di Terni furono costretti a rinegoziare. La Uilm si augura, infine, che possa trovare concretizzazione la dichiarata volontà da parte di Arvedi di impegnarsi nel trovare una soluzione per l’ex Lucchini di Piombino. Ma anche per i piombinesi c’è un futuro tutto da (ri)costruire.

 

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