Piombino non deve chiudere

di Lorenzo Fusco

La vertenza dell’Ex Lucchini di Piombino, iniziata nell’ottobre 2009, sembra davvero una storia infinita di cui si potrebbero scrivere pagine di articoli e comunicati. Il momento più drammatico della vertenza fu la fermata dell’altoforno nell’aprile 2014, che generò panico e preoccupazione nell’intero comprensorio. Da allora non si contano nemmeno più le promesse della politica e dei vari Governi.

LA SPERANZA
Grande è stata la speranza per l’intero territorio dopo la cessione dello stabilimento avvenuta nel 2015 dall’amministrazione straordinaria al Gruppo Cevital che fu siglata alla presenza dell’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi a Palazzo Chigi con l’annesso accordo di programma siglato da cinque Ministri (Infrastrutture, Lavoro, Sviluppo economico, Ambiente e Difesa), che si è poi trasformata in una grande delusione visto i mancati investimenti della multinazionale algerina.
Lo stesso Segretario generale Uilm, Rocco Palombella, a seguito degli impegni non mantenuti, in un’iniziativa fatta a Piombino il 24 marzo 2017 chiedeva al Governo di assumersi la responsabilità di individuare un altro soggetto siderurgico per permettere a Piombino di tornare a produrre acciaio.

UN NUOVO ACCORDO
Eccoci quindi a luglio 2018, in cui un nuovo accordo di programma veniva siglato e lo stabilimento ceduto alla multinazionale indiana Jindal, che prometteva di rilanciare il sito facendo ripartire in primis i treni di laminazione (Rotaie, Vergella e Barre) e nell’arco di 18 mesi presentare un piano industriale che prevedeva due forni elettrici e investimenti sulla laminazione di prodotti piani da realizzare nell’area di Ischia di Crociano che è la più distante dalla città.
Certamente l’emergenza sanitaria del Covid-19 non può che avere ulteriormente aggravato una situazione già estremamente complicata, ma siamo tornati al punto di partenza con impegni presi e non mantenuti, con il tempo che trascorre inesorabile e nemmeno l’ombra del piano industriale più volte annunciato e sempre rinviato.
Le varie iniziative sindacali, con la Uilm provinciale e la Segreteria della Uilm nazionale sempre in testa, hanno portato l’allora ministro Stefano Patuanelli a occuparsi direttamente della vertenza Jsw Steel Italy. Il Governo almeno a parole dava la disponibilità ad entrare nel capitale sociale dell’azienda per garantire la costruzione del forno elettrico e gli investimenti sempre più necessari sui treni di laminazione per garantirne l’efficienza e la competitività, mentre il vice presidente Marco Carrai annunciava importanti memorandum of understanding con società come Fincantieri, la Mondello e il Fondo Creon che erano interessati a investire nelle aree logistiche a ridosso del porto di Piombino, con importanti ricadute occupazionali.
Ma ancora solo annunci e promesse sia dalla politica che dalla proprietà indiana e purtroppo niente di tutto ciò si è concretizzato.

PRESIDIO PERMANENTE
Mentre stavano rischiando di spegnersi i riflettori sulla vertenza piombinese, le rsu del gruppo Jindal (Jsw, Piombino Logistics e Gsi), totalmente abbandonate dalla politica locale, regionale e nazionale, e sostenuti solo dalle organizzazioni sindacali, lo scorso 8 marzo hanno messo in campo un presidio permanente per oltre 70 giorni presso la portineria dello stabilimento piombinese, che ha permesso di riaccendere l’attenzione mediatica sulla vicenda.
Si sono succedute interpellanze parlamentari e incontri delle segreterie provinciali con i capo gruppi alla Camera e al Senato dei principali partiti che sostengono il Governo Draghi, fino a un incontro seppure totalmente deludente con il viceministro dello Sviluppo economico Alessandra Todde che si era impegnata a riconvocare il tavolo per i primi di giugno.
Il 18 maggio alla presenza di Rocco Palombella, i metalmeccanici sono scesi nuovamente in piazza davanti al comune di Piombino per informare i lavoratori e i cittadini dell’esito dell’incontro con il MiSe annunciando che erano pronti a nuove iniziative a sostegno della siderurgia piombinese, che nel frattempo vedeva esplodere anche la vertenza Liberty Magona a seguito del fallimento della banca Greensill su cui si appoggiava la proprietà indiana guidata da Sanjeev Gupta.
Dopo una serie di passaggi istituzionali con il sindaco di Piombino, il prefetto di Livorno e il presidente della Regione Toscana, in cui tutti esprimevano il proprio sostegno e la grande preoccupazione ma nessun atto concreto e visto il totale silenzio del ministro sulle vicende piombinesi, è stato deciso nelle assemblee con i lavoratori di convocare un Coordinamento della siderurgia che si è tenuto il 28 giugno a Piombino alla presenza del coordinatore Uilm Guglielmo Gambardella.

COORDINAMENTO UILM
Il Coordinamento ha deciso di organizzare un’iniziativa a Roma sotto il Ministero per ottenere attenzione e risposte all’incertezza sul futuro dei 1.700 lavoratori del gruppo Jindal (con impianti che necessitano di investimenti che vanno sempre più a singhiozzo e con molti di loro in cassa integrazione dal 2014 che oramai hanno dovuto utilizzare i propri risparmi e lo stesso Tfr accantonato per poter mantenere le proprie famiglie), dei 550 lavoratori del gruppo Liberty Magona (costretti per problemi economici della proprietà indiana alla cassa integrazione per mancanza di coils nonostante abbiano un importante pacchetto di clienti e mercato da soddisfare) e di tutti quei lavoratori dell’indotto che sono collegati alle attività del polo siderurgico piombinese.
Il 7 Luglio, in sciopero, sono partiti da Piombino circa 200 lavoratori del Gruppo Jindal e del Gruppo Liberty Magona, che guidati da Fim-Fiom-Uilm hanno manifestato la propria rabbia nei confronti di una politica incapace di governare e di individuare strumenti per non essere più succubi delle multinazionali che vengono nel nostro Paese a prendersi fette di mercato, prodotti strategici come le rotaie che si fanno solo a Piombino, scaricando tutti i costi sociali sulla collettività.
La manifestazione ha avuto come risultato il merito di ottenere una convocazione per il 29 luglio per la vertenza del Gruppo Jindal, mentre per Liberty Magona sono stati attivati una serie di contatti con i rappresentanti del Gruppo per individuare delle soluzioni possibili (ipotizzando l’utilizzo dell’articolo 37 del decreto Sostegni) per garantire la continuità produttiva mentre si cerca di capire la reale volontà del gruppo Liberty per lo stabilimento di Piombino.

CHIAREZZA SU PIOMBINO
Nei prossimi giorni il Governo incontrerà Sajjan Jindal e ci aspettiamo che finalmente già dal prossimo incontro si faccia chiarezza sul futuro della Ex Lucchini e dei suoi lavoratori, che non può prescindere dal tornare in tempi stringenti a produrre acciaio per riavere l’autonomia necessaria per essere competitivi ed investimenti sui treni di laminazione.
Oramai da troppo tempo si sente parlare di un piano della siderurgia nazionale su cui starebbe lavorando il ministero dello Sviluppo economico ma che nessuno conosce, di ipotesi di impianti Dri per sopperire alla carenza di rottame in Italia che propongono a Piombino vari gruppi siderurgici italiani e di possibili sinergie tra gli stabilimenti siderurgici piombinesi.
Siamo pronti a discutere con chiunque, ma dopo 12 anni di annunci e promesse ci attendiamo che si voglia iniziare a fare sul serio in una fase in cui il mercato dell’acciaio è in crescita.
Nel PNRR sono previste risorse europee importanti per la transizione ecologica, le non più rimandabili bonifiche per la messa in sicurezza del territorio, gli smantellamenti per liberare aree da destinare ad altre attività che in questa fase in cui il prezzo del rottame è alto sono estremamente convenienti, e un piano serio di formazione per accompagnare gli ancora necessari ammortizzatori sociali, possono rilanciare un’area di crisi complessa come quella piombinese, ma non c’è più tempo, bisogna agire subito perché Piombino non deve chiudere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *