Richiesta di infortunio per Covid-19: come fare?

di Andrea Farinazzo

Facciamo subito una distinzione: la malattia professionale è una patologia che si sviluppa lentamente e progressivamente, la cui causa è correlata con l’esposizione ai rischi lavorativi e deve essere in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente, quindi è possibile riconoscere la malattia professionale anche ove vi sia il concorso di cause extralavorative, purché le prime siano capaci di originare, da sole, la malattia. Ad esempio, un verniciatore esposto per la propria mansione al rischio chimico, che si ammala di tumore al polmone, si vedrà riconosciuta la malattia professionale anche se è un fumatore. L’infortunio (ai fini dell’indennità INAIL) è un incidente, avvenuto in occasione di lavoro, determinato da una causa violenta concentrata nel tempo e che comporti per il lavoratore l’inabilità assoluta temporanea per più di tre giorni (oltre quello dell’evento), l’inabilità permanente o la morte. Una frattura causata da una caduta in azienda è un esempio di infortunio lavorativo.
In Italia il concetto di “occasione di lavoro” è valido, a determinate condizioni, anche per gli infortuni avvenuti nel tragitto casa-lavoro (in itinere), o comunque più in generale se avvenuto durante lo svolgimento di attività strumentali o accessorie a quelle tipiche della mansione lavorativa (come il recarsi presso il luogo di lavoro).
Vista l’attuale diffusione del lavoro agile, è opportuno ricordare che il lavoratore deve rispettare le indicazioni della comunicazione obbligatoria ricevuta dal datore di lavoro, diversamente potrebbe non vedersi riconosciuto l’infortunio lavorativo occorso durante il c.d. “smart working”. Diversamente dal solito, in questo periodo può essere considerato anche l’infortunio in itinere avvenuto utilizzando mezzi privati, pur se in presenza di adeguati trasporti pubblici, ciò per andare incontro alle specificità del periodo ed alle conseguenze dei vari atti normativi sui servizi di mobilità etc.

L’INFEZIONE DA SARS-COV-2 PUÒ ESSERE CONSIDERATA INFORTUNIO?
Contrariamente a quello che molti pensano, contrarre il Covid-19 in occasione di lavoro, è da considerarsi infortunio poiché la causa virulenta è assimilata al concetto di causa violenta.
L’art.42 comma 2 del Decreto-legge 17 marzo 2020, n.18 stabilisce infatti che “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato.” In caso di positività, la tutela si estende anche al periodo di quarantena o isolamento fiduciario con astensione dal lavoro. Le circolari Inail n.13 del 3 aprile 2020 e n.22 del 20 maggio 2020, forniscono poi una serie di indicazioni puntuali sulla tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da coronavirus.

IN QUALI CASI E CON QUALI MODALITÀ, AVVIENE IL RICONOSCIMENTO DELL’INFORTUNIO?
Le situazioni in cui è possibile il riconoscimento dell’infortunio Covid-19, si sostanziano in tre casistiche:

Della
prima categoria fanno parte gli operatori sanitari che operano negli ospedali, case di riposo e altri ambiti sociosanitari sia pubblici che privati. Ad esempio, medici, infermieri, tecnici di laboratorio, etc.  

Nella seconda categoria rientrano i lavoratori che si trovano ad avere costante contatto con il pubblico/l’utenza (inteso come vicinanza). Ad esempio, gli addetti alla cassa, alle vendite, al front-office, banconisti. Sono ricompresi in questa categoria anche quei lavoratori operanti all’interno di strutture sanitarie con mansioni tecniche, di supporto, pulizie etc. Infine, nell’ultima categoria, ricadono tutti gli altri lavoratori. 

I primi due casi interessano quei lavoratori la cui mansione li espone ad un alto rischio di contagio. Vi è dunque la presunzione semplice che il contagio sia dovuto alla loro attività lavorativa. 

Per il terzo caso c’è invece la necessità di far scattare l’accertamento medico-legale da parte dell’Inail. Ad esempio, un lavoratore impiegato in una catena di montaggio, risultato positivo al SARS-CoV-2, potrebbe richiedere la tutela infortunistica perché nella propria Azienda non sono stati adottati o fatti rispettare i protocolli anti-contagio o perché i provvedimenti adottati erano palesemente insufficienti/inadatti. Ovviamente vale anche la prova contraria, ad esempio se chiedo il riconoscimento dell’infortunio in quanto addetto alla cassa in un supermercato, potrebbe rilevare in tal senso il fatto che prima della mia positività ho avuto altri casi di positività insorti nella mia famiglia pochi giorni prima di me.

TUTELA INPS O TUTELA INAIL, COSA CAMBIA PER IL LAVORATORE
La tutela INPS con la malattia, o quella INAIL con l’infortunio, comportano trattamenti normativi ed economici a volte molto diversi anche per via delle previsioni contrattuali della categoria cui appartiene il lavoratore. Senza addentrarci troppo in spiegazioni di singoli casi che possono essere anche molto diversi fra loro, ed invitandovi quindi a verificare sui singoli CCNL, è sufficiente ricordare che la malattia è retribuita dall’INPS per un massimo di 180 giorni nell’anno solare mentre per gli infortuni l’INAIL paga fino alla guarigione clinica. L’indennità INAIL è anche più alta di quella INPS così come in genere il trattamento economico in molti CCNL.  L’aspetto che più ci interessa è però il fatto che la malattia incide sul comporto, cioè il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro, mentre l’infortunio no (in realtà ci sono sentenze che distinguono in base al fatto che la responsabilità ricada o meno sul datore di lavoro). Inoltre, se dopo la ripresa dell’attività il lavoratore dovesse sentirsi male per motivi correlati all’infortunio subito, può rientrare in infortunio con certificato del proprio medico o del pronto soccorso, in cui venga specificato che si tratta di ricaduta dell’infortunio.
Può inoltre rivalersi sul Datore di Lavoro (ove ne sia accertata la colpa) o sull’Inail nel caso di conseguenze importanti sul proprio stato di salute, sulle spese mediche di cura, o sull’eventuale reinserimento lavorativo. Precisiamo che attualmente, ai sensi del D.L. n.18 del 17 marzo 2020, art.26 comma1, il periodo di quarantena o isolamento non è computabile ai fini del periodo di comporto, tuttavia occorre che nel certificato di malattia venga evidenziata la relazione con il Covid, visto che in alcuni casi dei medici sono ricorsi a dei codici Inps non specifici, inoltre in caso di ricaduta successiva per eventuali postumi, la malattia non rientrerebbe più fra le ipotesi dell’art.26. Ricordiamo inoltre che ai superstiti dei lavoratori deceduti a seguito di infortunio per Covid-19 viene riconosciuta una rendita INAIL, l’assegno funerario e l’assegno in carico al “Fondo Gravi Vittime Infortunio sul lavoro”.

QUALI CONSEGUENZE POSSONO ESSERCI PER LA MIA AZIENDA SE DENUNCIO L’INFORTUNIO?
Il riconoscimento dell’origine professionale del contagio si fonda su un giudizio di “ragionevole probabilità” e non comporta in automatico una responsabilità penale e civile del datore di lavoro. Quindi non vi è motivo di preoccuparsi per una denuncia di infortunio, soprattutto in quelle situazioni ove vige il principio della presunzione semplice, poiché l’ammissione a tutela assicurativa non rileva ai fine del riconoscimento della responsabilità del datore di lavoro ne incide sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, quindi non comporta maggiori oneri per l’impresa. Naturalmente ci sono anche situazioni in cui invece la responsabilità è totalmente in capo al datore di lavoro, perché il comportamento può essere stato determinate per l’infezione. Al nostro sportello sono giunte parecchie telefonate in merito a comportamenti gravi da parte di alcune aziende, che vanno dal mancato rispetto delle regole anti-contagio, addirittura a casi in cui il Datore di Lavoro, positivo al Covid, si è comunque recato in azienda come se nulla fosse. Ovviamente in situazioni come queste, sempre comunque da accertare, l’Inail e il lavoratore possono rivalersi sul Datore di Lavoro.

COSA DEVONO FARE DATORE DI LAVORO E MEDICO COMPETENTE O MMG
Il medico o la struttura sanitaria che presta la prima assistenza ad un lavoratore infortunato o affetto da malattia professionale, ha l’obbligo di trasmettere per via telematica all’Inail, il certificato medico.
Il concetto di prima assistenza è stato chiarito con la circolare del Ministero della Salute n.7348 del 17 marzo 2016, nell’accezione di struttura sanitaria e medico rientra qualunque medico, ossia medico del lavoro, pronto soccorso, ospedale, medico di famiglia, etc. che presti la prima assistenza intesa quale “prestazione professionale qualificata rientrante nell’ambito di procedure organizzative strutturate per fornire assistenza medica, anche solamente di base, ad un lavoratore in caso di infortunio o malattia professionale.
Il datore di lavoro una volta ricevuti i riferimenti del certificato medico, deve provvedere entro 48 ore a comunicare l’infortunio in via telematica all’Inail.

COSA DEVE FARE IL LAVORATORE
Poiché l’obbligo di denuncia da parte del datore di lavoro scatta solamente in presenza di certificazione medica che riporti i contenuti dell’art. 53 del DPR n. 1124/1965 (generalità del lavoratore, causa dell’infortunio che in questo caso è la positività al SARS-CoV-2 etc.), è fondamentale farsi fare il certificato medico di infortunio, eventualmente facendo presente al medico che ne ricorrono i presupposti (per esempio se sono un infermiere) per evitare che questi disponga invece una semplice malattia. Fornire al datore di lavoro i riferimenti del certificato, o il numero identificativo, la data di rilascio e i giorni di prognosi indicati nel certificato stesso.
Se il lavoratore è rimasto assente dal lavoro con un certificato di malattia, può riconvertirlo in infortunio. Ad esempio, il lavoratore contatto stretto di caso covid-19, che durante la quarantena a sua volta sviluppa la malattia risultando positivo. Ricordiamo che in questi casi il lavoratore deve anche comunicare la propria positività ad ATS ed all’Azienda affinché venga effettuato il contact tracing e possano essere adottate le varie misure indicate nei protocolli (ad esempio la sanificazione). È anche fondamentale avere e conservare la documentazione probante rispetto alla positività (esito del tampone) per poter chiedere il riconoscimento dell’infortunio.
Se il datore di lavoro non denuncia l’infortunio, il lavoratore oltre a chiedere l’intervento del RLS/RSU può rivolgersi direttamente all’Inail oppure più semplicemente farsi assistere dal Patronato ITAL UIL.

COSA PUÒ FARE LA/IL RLS/RSU
Anche oltre quello che è il periodo legato all’emergenza Covid, è bene sempre ricordare ai lavoratori la possibilità di chiedere il riconoscimento dell’infortunio, suggerendo anche il ricorso al patronato ITAL UIL, Rls ed Rsu svolgono anche un ruolo importante nei comitati di gestione aziendali ove è bene che vengano chiaramente definiti gli interventi da effettuare in caso di lavoratori positivi. Gli aspetti principali riguardano il tracciamento dei contatti, la sanificazione, la verifica dei vari passaggi che i vari soggetti debbono compiere in relazione alla denuncia di infortunio.  Ricordiamo infine che ai sensi dell’art.18, comma 1 lettere n) r) s) del D.lgs. 81/08, il Datore di Lavoro deve consentire al RLS di verificare l’applicazione delle misure di sicurezza e deve fornirgli le informazioni relative agli infortuni sul lavoro, questo non significa ovviamente comunicare il nominativo del lavoratore positivo, ma le informazioni relative alle circostanze, al reparto, alle misure di prevenzione etc., certamente sì.

PROMEMORIA
I certificati di infortunio da coronavirus è bene che contengano le seguenti informazioni:
1) dati anagrafici del lavoratore e del datore di lavoro;
2) data presunta del contagio, se possibile presumerla (ad esempio a seguito di un contato con un positivo);
3) la data del test positivo che ha confermato l’infezione;
4) la data di astensione dal lavoro conseguente al contagio (o per quarantena etc.);
5) le cause e circostanze (soprattutto per i lavoratori per cui non opera la presunzione semplice, sarebbe opportuno indicare ad esempio il mancato rispetto delle regole anti Covid oppure la presenza di un caso di positività in reparto).

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