Ilva: un anno dopo ancora poche certezze sul futuro

di Rocco Palombella

Il 6 settembre poteva essere un anniversario importante e invece ha rischiato di trasformarsi in un giorno drammatico per le sorti della siderurgia italiana, in particolare del sito ex Ilva di Taranto. Un anno fa abbiamo realizzato un accordo importantissimo che ne ha scongiurato la chiusura. Grazie all’intesa trovata si sono poste le basi per una nuova fase di risanamento ambientale con un investimento di oltre un miliardo e 150 milioni di euro, un piano di industriale di circa 1,2 miliardi di euro e si sono scongiurati migliaia di licenziamenti.
Un accordo molto sofferto, un onorevole compromesso che ha evitato ripercussioni negative su migliaia di lavoratori e su un’intera comunità.
Dopo la sua sottoscrizione e la previsione di importanti investimenti da parte di ArcelorMittal per circa 4 miliardi complessivi si sono determinati mesi di continui colpi di scena.
L’azienda durante gli incontri nel mese di luglio non si è presentata conciliante e disponibile al dialogo e ci sono stati diversi contenziosi sulla messa in pratica dei punti previsti dal contratto. Il clima è stato reso ancora più pesante anche dalle dichiarazioni e prese di posizioni degli amministratori degli enti locali, in particolare Regione e comune di Taranto, che quotidianamente si sono scagliati contro l’attività produttiva dello stabilimento dell’ex Ilva.

UN ANNO DI TENSIONI E INCERTEZZE
Non ci sono stati momenti di tranquillità per i lavoratori, continuamente sollecitati da tante tensioni fuori e dentro l’acciaieria e in queste condizioni anche le organizzazioni sindacali non hanno potuto lavorare serenamente per attuare l’accordo.
L’evento sicuramente più grave di questo anno è stato l’incidente mortale del 10 luglio scorso, che ha coinvolto il giovane operaio Cosimo Massaro, scaraventato in mare dalla gru, dove si trovava purtroppo durante una condizione 
meteorologica critica e livelli di sicurezza degli impianti che la Procura sta valutando.
Questo ennesimo gravissimo episodio, insieme ai contenziosi riferiti alle tutele legali, ha alimentato e aumentato un clima di tensione che si era già determinato nei giorni precedenti, quando ArcelorMittal unilateralmente aveva deciso e annunciato la cassa integrazione ordinaria per 1.400 lavoratori dal 1 luglio.

L’INCONTRO AL MISE
Subito dopo la morte di Cosimo abbiamo chiesto urgentemente un incontro al Mise e siamo stati convocati il 15 luglio. Dopo oltre otto ore e momenti di forte tensione, abbiamo sottoscritto un verbale con ArcelorMittal che impegna l’azienda a verificare e monitorare tutte le aree d’insicurezza dello stabilimento anche con l’istituzione di una task-force di organi ispettivi che sarà all’interno dell’ex Ilva per verificare le condizioni di pericolo.
Questo clima pesante si è protratto nel mese di luglio con proteste e scioperi e ha costretto le organizzazioni sindacali a informare anche le Commissioni parlamentari del Lavoro e Attività Produttive di camera dei Deputati e Senato sulle ripercussioni occupazionali che si stavano verificando nello stabilimento e nella comunità di Taranto.
In particolare l’abrogazione dell’immunità legale, prevista dal Dl Crescita, aveva scatenato la minaccia di Arcelor Mittal di andarsene il 6 settembre. In aggiunta, il 9 luglio il Tribunale di Taranto ha respinto l’istanza di dissequestro dell’altoforno 2 prevedendone la non facoltà d’uso e un crono programma per lo spegnimento entro il 10 ottobre prossimo.
Il governo è intervenuto ad agosto con il Dl Imprese, in vigore solo dal 5 settembre a causa della crisi, con una misura ad hoc estendendo le tutele legali e legandole al Piano Ambientale.
Se da un lato questo atto dell’Esecutivo ha dato un minimo di prospettiva produttiva, dall’altro insiste ancora una crisi di mercato dell’acciaio che ha causato la decisione dell’azienda di prorogare per ulteriori 13 settimane la cassa integrazione ordinaria, oltre al rischio della fermata di altoforno 2 entro il 10 ottobre e lo stop dell’altoforno 4 per necessità manutentive.
Questi elementi, sommati alle difficoltà di approvvigionamento di minerali e carbone in conseguenza del sequestro del quarto sporgente dopo l’incidente mortale del 10 luglio scorso, mettono però tutto a rischio.

UN ANNO DOPO: BILANCIO DELL’ ACCORDO
Il bilancio di questo ultimo anno è negativo, perché si sono aperte nuove crisi che hanno interessato anche il sistema degli appalti per le pulizie industriali e manutenzioni, oltre a esser cresciuto notevolmente il numero di lavoratori in cassa integrazione ordinaria che si sommano a quelli in amministrazione straordinaria.
Insomma, un accordo che sulla carta aveva previsto il rilancio dell’occupazione e un’attività industriale sostenibile per l’ambiente ma che nei fatti ha aperto scenari ancora tutti da verificare e definire.
Noi continueremo a coinvolgere e a chiedere risposte anche al nuovo governo per consentire la continuità produttiva e il risanamento ambientale e lanciamo un monito agli enti locali di abbandonare la logica populistica e della propaganda assumendosi la responsabilità che spetta a ogni amministratore pubblico, ovvero una seria attività di controllo nei confronti dell’azienda affinché siano attuati i punti del contratto.
Metteremo in campo ogni azione perché venga rispettato l’accordo, dalla salvaguardia di ogni posto di lavoro alle opere di risanamento ambientale. Tutto questo però è possibile solo se sarà garantita la continuità della produzione industriale. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *