L’Editoriale

Care lavoratrici e cari lavoratori,

questo numero di Fabbrica società esce oggi, 8 marzo. E per questo motivo non posso non fare un augurio sincero a tutte le donne della nostra grande Organizzazione. Un augurio che non deve e non può rimanere fine a se stesso in questa giornata, ma che deve essere accompagnato da azioni concrete volte a generare intorno al tema delle pari opportunità un cambio culturale importante.

Come sapete, stiamo svolgendo numerosi Consigli regionali in tutto il territorio italiano, per spiegare la piattaforma di Fim Fiom Uilm per il prossimo rinnovo contrattuale con Federmeccanica-Assistal. Anche questa volta, sulla scia del contratto in scadenza, abbiamo ampliato la parte relativa alle pari opportunità e alla violenza di genere. Nonostante la nostra categoria sia stata per anni una categoria di uomini, ci sembrava doveroso – anche in questo campo – fare la nostra parte e contribuire a sostenere e difendere tutte le donne.

Gli 11 punti della piattaforma contrattuale sono tutti importanti e irrinunciabili per noi, questo è fuori discussione. Il nostro slogan “più salario meno orario”, quello che abbiamo stampato sulle nostre felpe, racchiude i due punti che più ci caratterizzano e che più avranno un impatto sul mondo del lavoro e della società. Sono questi elementi, infatti, che a catena si trascinano tutti gli altri.

La richiesta di 280 euro di incremento salariale medio e la sperimentazione della riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali, infatti, servono da un lato per restituire ai nostri lavoratori metalmeccanici il potere d’acquisto perso e soprattutto una dignità; dall’altro lato per gestire le crisi aziendali e quelle legate alla transizione ecologica e digitale, oltre alla intelligenza artificiale, ridistribuendo il lavoro e rendendolo più appetibili alle giovani generazioni. Noi della Uilm, in modo particolare, pensiamo che i tempi siano maturi per rompere un sistema che ormai non funziona più. Vogliamo iniziare a scalfire un modo di pensare che non è più in linea con la società.

La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro non può prescindere da una forma di lavoro più flessibile e con meno ore passate in fabbrica. Questo però non vuol dire meno produttività, al contrario: è certo che le aziende che hanno sperimentato la settimana corta, ad esempio, non tornano più indietro. La produttività aumenta proprio perché i lavoratori si sentono di nuovo al centro, appagati e rispettati dalla propria azienda. Così riescono a essere ancora più motivati e la produzione aumenta.
Senza andare troppo lontani, già in Italia si stanno sperimentando forme di riduzione dell’orario di lavoro in aziende metalmeccaniche e non solo. Non possiamo ignorare il fatto che il modo stia andando in una ben precisa direzione, ma vogliamo esserne i precursori e fare la differenza, come abbiamo sempre fatto.

E sulla richiesta salariale ci batteremo fino all’ultimo, perché crediamo che sia una richiesta giusta. I nostri lavoratori metalmeccanici sono quelli con gli stipendi più bassi in tutta Europa, nel frattempo l’inflazione ha eroso i salari, il carrello della spesa è aumentato a dismisura, e noi abbiamo la responsabilità di far crescere il tenore di vita dei lavoratori e migliorarne le condizioni di lavoro.
Badate bene che la clausola di salvaguardia stabilita nel precedente contratto non è messa in discussione. Non era una soluzione passeggera, bensì strutturale. Tutto ciò che non viene rinegoziato, non si tocca.

Per quanto riguarda le crisi aziendali, ovviamente le stiamo seguendo con lo stesso impegno e la stessa determinazione di sempre. Quella dell’ex Ilva, per quanto complicata, è in una nuova fase. Questa fase si è aperta grazie a noi, siamo riusciti a fare un vero miracolo: mandare via ArcelorMittal. Sono stati nominati i tre commissari straordinari che sono già al lavoro, in costante contatto con noi, per riuscire nel più breve tempo possibile a far ripartire il motore e rimettere il Gruppo nelle condizioni di poter produrre e di conseguenza di poter fare tutto ciò che serve per il passaggio ai forni elettrici.

Stiamo seguendo con apprensione tutte le altre crisi, a partire da Piombino, e il tavolo dell’automotive. Ad aprile a Torino proclameremo uno sciopero unitario del comparto, ovvero di Stellantis e delle imprese dell’indotto, per chiedere la salvaguardia e il rilancio del quello che tuttora rappresenta il primo settore industriale italiano.

Insomma, chi si ferma è perduto. E noi non ci fermiamo, anzi guardiamo al futuro convinti che sapremo fare la differenza, perché è nel nostro dna fare tutto il possibile e anche di più per salvaguardare il lavoro e i lavoratori.

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