Acciaierie d’Italia: dalla politica solo promesse vuote, così lo stabilimento muore

“La politica si sciacqua la bocca con la parola decarbonizzazione. È un percorso che doveva essere già iniziato in base all’accordo del 2018, ma non è stato fatto praticamente nulla. La situazione è disastrosa e continuando così porteranno alla morte Io stabilimento”. Inizia così l’intervista di Giacomo Rizzo a Rocco Palombella, Segretario generale Uilm, apparsa sulla Gazzetta del Mezzogiorno il 19 settembre scorso. Una lunga disamina di tutto ciò che non funziona. Palombella non si fida “dei politici, di maggioranza – spiega alla Gazzetta – e di opposizione, che sull’argomento continuano a fare proclami senza raggiungere alcun risultato”.

LA DECARBONIZZAZIONE NON SI FA A PAROLE
Il Leader Uilm è scettico, e ricorda a tutti che la decarbonizzazione non è una cosa astratta, ma un fatto concreto. “Alla scelta politica devono far seguito le azioni. Premetto che nessuno è contrario alla decarbonizzazione e che i sindacati firmarono l’accordo del 2018 che prevedeva l’vvio di questa svolta tecnologica. Per fare questo c’è bisogno che la produzione non si fermi perché se lo stabilimento si blocca la decarbonizzazione non si fa. Servono le scelte organizzative e gli investimenti necessari”. In base alle promesse fatte in questi anni, ricorda, entro il 2024 dovevamo avere già forni elettrici, il preridotto (Dri) e il rifacimento dell’Afo5. Queste tre cose non ci sono ancora. “Addirittura – continua – il famoso miliardo del Pnrr che doveva essere legato esclusivamente alla decarbonizzazione ora non c’è. Sarà recuperato? Noi rimaniamo ai fatti”.

DUE ALTIFORNI SU TRE IN MARCIA
In questo momento lo stabilimento marcia con due altoforni su tre e produce ai minimi termini. I due altiforni, il numero 1 e il numero 2, hanno una vita di un anno e quattro mesi, fino al 31 dicembre 2024. Poi ne rimarrà un altro, l’altoforno numero 4. È stato cambiato il crogiolo e ha ancora una vita di 4-5 anni. “Il tema – spiega il Segretario alla Gazzetta – è che la decarbonizzazione si deve fare contemporaneamente alla marcia degli impianti. Considerate che per fare il forno elettrico, se partissero oggi con tutte le autorizzazioni, ci vorrebbero due anni per realizzarlo. Così come ci vorrebbero due anni per rimettere in piedi l’Afo5. Quindi, di che cosa stiamo parlando? In queste condizioni ci troveremo tra un anno e qualche mese ad avere uno stabilimento che produrrà 1 milione e 700mila tonnellate”. Che tradotto significa: niente equilibrio economico.

SCIOPERO IL 28 SETTEMBRE
Fim, Fiom e Uilm a Taranto hanno proclamato 24 ore di sciopero di tutto il personale Ilva (dipendenti di Acciaierie di Italia, di Ilva in amministrazione straordinaria e delle imprese dell’indotto) per la giornata del 28 settembre.
La protesta avverrà in contemporanea ad un road show commerciale che Acciaierie d’Italia ha organizzato a Taranto e che vedrà la presenza di industriali dell’acciaio e principali clienti dell’azienda. In occasione dello sciopero è stato annunciato il presidio di tutte le portinerie della fabbrica e di altre iniziative di protesta. “Il sito è ormai privo dei requisiti minimi per garantire una vita dignitosa ai lavoratori sugli impianti produttivi – hanno dichiarato i sindacati – dove l’assenza di manutenzioni ordinarie e straordinarie compromette la salvaguardia delle vite umane che ci lavorano. Tutto questo nonostante i copiosi finanziamenti pubblici ricevuti qualche mese fa, ovvero i 650 milioni erogati dal Governo tramite Invitalia”.

TUTTI RIFLETTANO
“Occorre una riflessione di tutta la politica su come è stata gestita la vertenza”, dice amareggiato Palombella e ricorda che l’accordo del 2018 doveva essere ormai alla fase finale, i lavoratori di Ilva in As dovevano rientrare, ci doveva essere la decarbonizzazione e ci doveva essere la fine del sequestro dello stabilimento. Com’è possibile che invece ci troviamo con migliaia di lavoratori sociali in cassa integrazione, con 1.700 lavoratori di Ilva in As senza futuro, con problemi di liquidità per le imprese? Ci sono poi le difficoltà legate al prezzo dell’energia con il pagamento delle bollette procrastinato in una situazione dove il mercato dell’acciaio continua comunque ad avere dei segni positivi.
I Segretari di Fim Fio Uilm il 20 settembre hanno scritto alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e ai Ministri competenti. Se non ci saranno risposte a stretto giro, si autoconvocheranno. “Vogliamo sapere come hanno risolto il problema dell’ex Ilva – conclude Palombella – perché noi non lo sappiamo”.

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