L’Editoriale

Care lavoratrici e cari lavoratori,

con l’avvicinarsi della primavera immaginavamo che i contagi da Covid sarebbero diminuiti e avremmo quindi avuto la possibilità di avviarci verso una fase di relativa normalità.

Proprio due anni fa entravamo in lockdown sprofondando nell’incertezza di tutto quello che sarebbe capitato di lì a poco. Il tributo della pandemia in termini di vite è stato e continua a essere incalcolabile; così la paura, l’arretramento della società e la perdita di posti di lavoro.

Siamo riusciti a gestire questo periodo grazie all’impegno che tutti abbiamo messo ai vari livelli con la speranza che sarebbe durato pochi mesi; invece sono stati due lunghi anni e ancora non siamo in grado di calcolare i danni da un punto di vista sociale, economico, occupazionale.
Resta ancora oggi l’incertezza della prospettiva e l’incapacità di programmare il futuro.

Avevamo immaginato, inoltre, che con la terza dose del vaccino e data la variante Omicron la situazione sarebbe migliorata, ma al di là degli effetti sulla salute delle persone anche questa variante si sta caratterizzando per la sua estrema contagiosità. E nonostante il vaccino i contagi continuano a rimanere alti con un indice tra il 10 e l’11%. Tutto questo nonostante quasi il 90% dei cittadini sopra i 12 anni si sia vaccinato.

Mentre la pandemia per noi è stato il nemico numero uno di questi anni e la mancata ripresa è stata determinata dall’inaspettata mancanza di materie prime, microchip e semiconduttori, come un fulmine a ciel sereno circa due settimane fa è arrivata la guerra.

Una guerra inaspettata, inutile e cruenta, non troviamo altri termini per definirla.

Nel numero precedente ne avevamo già parlato, ma non immaginavamo che potesse protrarsi già per due settimane. Una guerra a opera di un sanguinario dittatore che ha deciso di sferrare un attacco contro l’Ucraina, che non è mai stata considerata ricca o strategica nello scacchiere europeo e mondiale.

Da quello che siamo riusciti a capire, a scatenare la rabbia di Putin è stata la manifesta decisione dell’Ucraina di aderire alla Nato.

Sembra di essere tornati nel passato, a circa 77 anni fa, nessuno immaginava che il conflitto mondiale si potesse ripetere. Le immagini di gente che abbandona le proprie case distrutte e i propri affetti per salvarsi dalle bombe sono un pugno nello stomaco. Sono immagini che non avremmo mai voluto vedere, drammatiche, che continuano purtroppo nonostante le sanzioni messe in atto dall’Europa e dagli Usa contro la Russia.

Si tratta di una guerra combattuta a oggi con armi convenzionali che sta radendo al suolo intere città dove ci sono scuole, ospedali, case. Ma la minaccia di Putin di utilizzare armi non convenzionali e di distruzione di massa, come quelle nucleari, ci deve far riflettere. Questo sarebbe un pericolo serio per tutta l’umanità e, inoltre, dimostra come tutti i patti e i protocolli mondiali sottoscritti per evitare armi nucleari non sono stati rispettati.

Ci auguriamo che la diplomazia dei Paesi più rappresentativi, a partire dalla Cina, svolga un ruolo di mediatore decisivo e che tutti gli ucraini possano essere ospitati nei Paesi europei in vista di un piano di ricostruzione per farli tornare presto a casa.

La domanda che ci poniamo e che ci pongono i lavoratori è: “Stiamo facendo tutto il necessario per portare al cessate il fuoco?” Un interrogativo che resta sospeso. L’impressione che abbiamo è che le azioni messe in campo siano insufficienti, ci aspettiamo un gesto diplomatico molto più incisivo e che dia un segnale forte.

Vogliamo sollecitare i governi e i capi di stato a trovare le soluzioni per cessare questo conflitto assurdo che sta provocando danni immani anche per la nostra economia. Se con il Covid siamo riusciti a preservare in parte il nostro Paese, con la guerra saremo presto in estrema difficoltà.

Tutto questo non può distrarci dalle vertenze che, come sindacato, continuiamo a portare avanti: ex Ilva, Stellantis, Leonardo. Tante sono le novità di queste ultime settimane di cui trovate gli approfondimenti all’interno di questo numero di Fabbrica società.

Buona lettura!

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