I licenziamenti dopo lo sblocco, rischio bomba sociale

È un sabato di inizio estate. Arriva una mail dall’azienda con la quale si comunica l’avvio della procedura di licenziamento collettivo per chiusura dello stabilimento. All’improvviso per i 152 lavoratori della Gianetti Ruote di Ceriano Laghetti, in provincia di Monza e Brianza, è l’inferno. Licenziati con una mail mentre qualche giorno prima era stato chiesto lo straordinario: una decisione inaspettata che scatena la rabbia dei lavoratori e della comunità cittadina. Una situazione drammatica che esplode a pochi giorni dalla firma dell’Avviso comune tra sindacati, Governo e parti datoriali che impegna le aziende ad utilizzare le 13 settimane di cassa integrazione prima di licenziare. Purtroppo la Gianetti Ruote non è l’unica azienda che ha scelto di non aderire all’Avviso comune.

GIANETTI RUOTE
Una storica fabbrica che produce ruote per camion, tir, mezzi pesanti, con importanti clienti come Mercedes e Volvo ma anche Harley Davidson. La Gianetti Ruote rappresenta un pezzo importante per la comunità brianzola da 114 anni, una parte fondamentale del tessuto industriale di questo territorio. Nel 2018 il Fondo tedesco Quantum Capital Partner acquistò il controllo della società. L’azienda ha giustificato l’avvio della procedura di licenziamento collettivo a causa della perdurante crisi dello stabilimento aggravatasi nei mesi di pandemia.
Come le altre realtà produttive della filiera della componentistica dell’auto Gianetti Ruote soffriva il forte rallentamento ma stando ai dati economici comunicati dall’azienda, sebbene non fossero brillanti, nel 2020 si era avuto un miglioramento, nonostante il calo dei ricavi scesi da 76 a 56 milioni di euro. Inoltre la perdita operativa si era dimezzata da 10 a 5 milioni.
Dal 3 luglio i 152 lavoratori sono stati messi in ferie e in permesso retribuito fino alla chiusura definitiva dello stabilimento, ma i lavoratori rimangono in presidio permanente davanti ai cancelli della fabbrica per evitare che venga svuotata quella che considerano la loro seconda casa. “È una macelleria sociale, una commedia drammatica per tanti lavoratori e famiglie” hanno commentato Fim Fiom e Uilm locali.

GKN
Stesse modalità a poco più di 300 chilometri di distanza. L’altra crisi esplosa riguarda sempre il comparto componentistica dell’auto. Si tratta della Gkn di Campi Bisenzio, Firenze, dove l’azienda il 9 luglio ha inviato ai 422 lavoratori una comunicazione dell’avvio della procedura di licenziamento per chiusura dello stabilimento. Appena arrivata la mail aziendale i lavoratori si sono riuniti in assemblea permanente davanti ai cancelli della fabbrica fiorentina per manifestare la loro rabbia contro una decisione scellerata. Una situazione che la Uilm da anni denuncia rispetto al “pericolo delocalizzazionie dal comportamento cinico di molte multinazionali”.
I metalmeccanici della Uil chiedono un forte intervento del Governo per “evitare ulteriori casi di chiusura di stabilimenti, anche in altri settori, e trovare gli strumenti necessari per contrastare tali decisioni da parte di multinazionali spregiudicate”.
Una situazione esplosiva, che preoccupa molto il leader Uilm Rocco Palombella, che vede il forte rischio di un “effetto domino” che avrebbe “conseguenze sociali e occupazionali senza precedenti e ingovernabili”. Palombella chiede a tutte le parti coinvolte, dalle istituzioni locali e nazionali alle associazioni delle parti datoriali, impegni concreti per evitare “una polveriera sociale”.

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