di Gianluca Ficco
La famigerata data del 31 ottobre è arrivata e con essa purtroppo la cessazione della produzione di lavatrici nella fabbrica di Napoli. La vertenza era iniziata un anno e mezzo or sono, allorquando Whirlpool aveva annunciato l’intenzione di dismettere la fabbrica, cedendola a fine ottobre del 2019 ad una società sconosciuta di nome PRF, che avrebbe dovuto compiere una assai poco credibile operazione di reindutrializzaizone. La decisione della multinazionale non era solo odiosa di per sé, ma violava gli accordi presi in sede ministeriale a novembre 2018.
MESI DI LOTTA
È iniziato subito uno scontro durissimo, che ha visto il sindacato impegnato in scioperi e manifestazioni in tutti gli stabilimenti italiani. Peraltro appariva chiaro che la chiusura di Napoli presagiva ad un più generale disimpegno del nostro paese, confermato dalla delocalizzazione di molte funzioni di staff.
La dura reazione sindacale, scongiurando il proposito di chiusura mascherata da cessione, è riuscita a ostacolare per circa un anno le decisioni aziendali, con la speranza di spingere il governo italiano ad intervenire attraverso provvedimenti che traessero spunto della vertenza per scoraggiare le delocalizzazioni. Il Ministro dello Sviluppo economico di allora, Luigi di Maio, aveva dichiarato di condividere la linea sindacale, che chiedeva di colpire la multinazionale nel caso in cui avesse persistito con i propositi di chiusura e invece di incentivarla qualora mutasse la propria posizione per investire e rilanciare il sito partenopeo. Ma alle parole non seguirono i fatti, o meglio seguì un decreto che parve immediatamente del tutto inadeguato a influire sulla vertenza.
Le posizioni del nuovo Ministro Patuanelli hanno poi definitivamente mostrato la incapacità delle istituzioni a intervenire nella vertenza. La politica nell’ultimo anno ha difatti alternato proclami rassicuranti, soprattutto durante la campagna elettorale, e dichiarazioni di sostanziale impotenza, rese al tavolo delle trattative. L’unica proposta avanzata dal Ministero è consistita in un generico e aleatorio piano di riassunzioni in varie aziende del territorio, che non trovava alcun riscontro nelle esigenze occupazionali concrete delle imprese coinvolte.
TEMPO PREZIOSO
Si è giunti così al 31 ottobre e alla cessazione della produzione, nonostante una inconcludente riunione alla Presidenza del Consiglio tenutasi il giorno immediatamente precedente. Tuttavia per il momento Whirlpool non ha avviato alcuna procedura di licenziamento collettivo, grazie prima alla clausola dell’accordo sindacale del 2018, che impedisce procedure espulsive fino al 31 dicembre 2020, e al blocco legale dei licenziamenti poi, prorogato con il protrarsi dell’emergenza. Questo ci dà del tempo prezioso, durante il quale proseguiremo con ulteriori mobilitazioni a Napoli e in tutti gli stabilimenti di Italia, al fine di spingere il Governo a intervenire per pretendere il rispetto dell’accordo del 2018, di cui è a sua volta firmatario, e comunque per individuare una soluzione credibile.
Sappiamo che la vertenza è sempre più difficile e che possiamo vincerla solo se riusciremo a portare le Istituzioni dalla nostra parte, ma rassegnarsi non è possibile.
La vertenza per noi continuerà fino alla individuazione di una soluzione che tuteli tutti i lavoratori.