AvioAero e il Paese che rinuncia a volare per andare in bici

di Guglielmo Gambardella

Chi vi scrive, partecipando all’incontro dello scorso 2 novembre fra direzione aziendale di Avio Aero e i sindacati dei metalmeccanici di Cgil Cisl e Uil, ha registrato da parte dell’ad di Ge Avio, Riccardo Procacci, tutta la sua disapprovazione in merito alla mancata destinazione – nel Dpp (Documento programmatico pluriennale) pubblicato la scorsa settimana dal Ministero della Difesa – di risorse da parte del governo italiano sul progetto “Tempest”.
“L’Europa e l’Italia hanno già perso una grande occasione con la mancata partecipazione al programma JSF- F 35. Abbiamo accumulato un ritardo tecnologico che possiamo recuperare con il caccia di 6^ generazione”, ha dichiarato Procacci nel suo intervento sul tema nel corso della suddetta riunione all’Amma di Torino.

PROGRAMMA TEMPEST
Il Tempest è un programma aeronautico per la realizzazione di un velivolo di sesta generazione annunciato dal Regno Unito nel luglio 2018, con una previsione di stanziamento di circa 2 miliardi di sterline, a cui la Svezia, nel 2019, ha aderito sottoscrivendo un accordo bilaterale con il governo britannico, determinando un primo stanziamento di 50 milioni di sterline. L’Italia, nel settembre dello scorso anno, ha invece sottoscritto una dichiarazione d’intenti per avviare una collaborazione al programma: a oggi, manca lo stanziamento delle risorse, (di)atteso nel citato Dpp della Difesa, che determinerebbe la dimensione del coinvolgimento del nostro Paese, la tipologia della attività e la conseguente ricaduta industriale ed occupazionale sula filiera italiana dell’aerospazio.
Non sostenere economicamente il programma, alla partenza dello stesso, potrebbe ridurre la futura partecipazione italiana a semplici sub fornitori per le attività a basso valore aggiunto (“stringeremo i bulloni?”).

UNA PARTITA DA GIOCARE
Una importante decisione attesa da parte del governo italiano che interesserebbe non solo Leonardo Company ma anche e soprattutto Ge Avio posizionata per poter essere l’azienda motoristica italiana di riferimento, per la propulsione del velivolo, con i suoi stabilimenti di Brindisi, Pomigliano d’Arco, Torino e Cameri.
Una partita che potrebbe avere riflessi anche sul futuro dei progetti della Difesa comune dell’Ue e sul posizionamento del nostro Paese in questo ambito: al momento, infatti, sul caccia di nuova generazione, sono presenti gli schieramenti franco-tedesco (FCAS) e quello inglese-italiano-svedese (Tempest) ma, in prospettiva, non si possa escludere una possibile riunificazione dei progetti.
E la Uilm non può che esprimere l’insofferenza per la mancata scelta governativa in un momento in cui il governo dovrebbe essere impegnato alla ricerca di opportunità di rilancio della nostra industria manifatturiera, in particolare per quella ad alto contenuto tecnologico.

L’ITALIA DEI BONUS
Ma la nostra insofferenza si trasforma in disappunto nel momento in cui invece assistiamo a iniziative governative inefficaci sia sotto il profilo della prospettiva economica che per quello occupazionale. Come, ad esempio, quella del bonus “bici e monopattini”: un provvedimento per il quale sono stati stanziati 120 milioni di euro e che potrebbero vedere favorita la manifattura estera, in particolare quella cinese con il suo basso costo del lavoro, che effettueranno la produzione vera e propria lasciando alle aziende italiane la possibilità di apporre il marchio Made in Italy per aver magari realizzato la sola progettazione e distribuzione dei prodotti.
Tutto questo avviene nel momento in cui allo stabilimento Leonardo di Grottaglie i lavoratori guidati dalla Uilm di Taranto hanno manifestato lo scorso 2 novembre per rifiutare qualsiasi ipotesi di ammortizzatori sociali chiedendo invece, ad azienda e istituzioni, di poter semplicemente continuare a lavorare.
Se le scelte di politica industriale continueranno a essere condizionate dal retaggio ideologico contro l’industria della Difesa, ci chiediamo se non si possano correre rischi, non solo per la nostra Sovranità nazionale, ma soprattutto per la perdita di un vantaggio tecnologico detenuto della nostra manifattura, per un comparto strategico per il nostro export e per una occupazione professionale e altamente qualificata.

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