L’Editoriale

Cari lavoratori,

ormai da tre settimane viviamo in un incubo. L’epidemia da Coronavirus si è estesa a quasi tutto il territorio nazionale, con numeri da brividi nelle regioni del Nord, compresa l’Emilia-Romagna.

Il Governo italiano è intervenuto con l’adozione di diversi decreti legge con il preciso intento di limitare il contagio. Gli interventi sono stati modulati in funzione della diffusione dell’epidemia, purtroppo le prescrizioni approvate, anche in forma emergenziale, non sono riuscite a bloccare l’inedito e allarmante fenomeno.

Tutto il Paese è stato ritenuto a rischio contagio ed è stato deciso di chiudere esercizi pubblici e di limitare la permanenza dei cittadini all’interno del proprio comune, tranne che per motivi di comprovata necessità.

Senza voler esprimere un giudizio sia sul merito dei provvedimenti che sulle tempistiche adottate dal Governo, mi sento di dire che siamo in presenza di una situazione mai verificatasi a memoria d’uomo. Ci sono stati altri focolai negli anni, ma questa infezione virale non ha precedenti.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha proclamato lo stato di pandemia, il virus sta ormai colpendo la gran parte dei Paesi del mondo rappresentando un dramma per l’intera comunità internazionale.

Tutti, compresi gli Stati Uniti, si stanno preparando a gestire questa emergenza planetaria.

Eravamo convinti, sulla base delle informazioni che ci venivano fornite, che saremmo riusciti a superare questa fase pagando un prezzo, in termini di vite umane, paragonabile a un’influenza stagionale. Purtroppo così non sarà.

Siamo nel pieno di un’emergenza che ha colpito strutture di grande valore sociale. I primi a dover pagare sono stati i nostri bambini, giovani studenti, con la chiusure delle scuole e, a seguire, tutte le attività sociali, culturali, commerciali che hanno dovuto abbassare le saracinesche.

Tutto il sistema sanitario, peraltro ridimensionato in questi anni per effetti della spending review, si sta facendo carico di un problema gigantesco con mezzi inadeguati.

Al sistema industriale e metalmeccanico viene chiesto un grande sacrificio: continuare a mantenere aperte le fabbriche. Da tre settimane questo sacrificio lo stanno sopportando i lavoratori italiani ma dopo la diffusione dei contagi, anche in diverse realtà produttive italiane, e dopo le dichiarazioni del Presidente Conte di ritenere solo la casa il luogo più sicuro, abbiamo dovuto assumere delle importanti decisioni. Scelte dolorose, ma necessarie. Abbiamo deciso di effettuare una fermare generalizzata del settore metalmeccanico per dare la possibilità alle aziende di dotare i lavoratori delle mascherine e di adeguare il sistema organizzativo e produttivo secondo le procedure indicate dal Governo.

La fermata durerà dieci giorni, un periodo di tempo utile per evitare di fermarsi per sempre.

Abbiamo accolto tutte le istanze provenienti dalle diverse realtà produttive, cercando anche di sollecitare il governo a intervenire con strumenti eccezionali. Da un lato il Governo deve valutare i lavoratori alla stregua di quelli che svolgono la loro opera nel sistema sanitario, ovvero se le fabbriche sono state ritenute

indispensabili, perché l’esecutivo non si è mosso per dotare le aziende e tutti i lavoratori delle mascherine per svolgere il lavoro in sicurezza?

Il nostro provvedimento è necessario e siamo convinti che le aziende interverranno per mettere le fabbriche in sicurezza. Confidiamo in un’efficacia della nostra iniziativa. Abbiamo voluto stimolare le aziende ad applicare i decreti adottati dal Governo e abbiamo voluto dare un po’ di tranquillità ai lavoratori e alle loro famiglie.

Lo slogan di questa settimana, lanciato in primis da Conte e da diversi esponenti della politica, della cultura e della scienza, è stato “Io resto a casa”. Il messaggio che noi abbiamo voluto lanciare è di non fare distinzioni tra cittadini di serie a e b, la fabbrica deve essere un luogo sicuro come la propria casa.

Sto apprezzando molto il fatto che in questi giorni è diminuita la polemica politica. Da un lato non può che far piacere, ma dall’altro ci fa capire quanto è grave la situazione che si è determinata all’interno del nostro territorio nazionale.

Il 13 marzo ci sarà un incontro in videoconferenza tra i ministri del Lavoro, Infrastrutture, Economia, Sanità, il Presidente del Consiglio Conte, e i Segretari Generali di Cgil, Cisl e Uil, per individuare tutti gli strumenti per costringere Governo e imprese ad assumere comportamenti efficaci per assicurare ai lavoratori quella necessaria tutela e garanzia su tutti i posti di lavoro.

Seguiremo con grande determinazione assumendoci come sempre tutte le responsabilità derivanti dal mandato che i lavoratori ci hanno dato.

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