Metalmeccanici: le sfide per il cambiamento

Analizzare l’andamento dei salari dei lavoratori metalmeccanici e capire cosa accade nella contrattazione di secondo livello nella provincia di Milano: questi gli obiettivi del gruppo di lavoro costituito da Fim, Fiom e Uilm del capoluogo lombardo che hanno portato avanti il lavoro utilizzando i dati ufficiali europei, nazionali, regionali e provinciali da parte di numerose istituzioni riconosciute come Ocse, Ista e Inps, solo per citarne alcune. I risultati dell’inchiesta sono stati resi pubblici durante l’evento “Le nostre sfide per il cambiamento” che si è svolto il 5 febbraio al Cine teatro Palestina di Milano e al quale hanno partecipato, tra gli altri, i Segretari Generali Nazionali di Fim, Fiom e Uilm.

CRITICITÀ IN ITALIA
Dallo studio emergono numerose difficoltà dell’Italia e, in particolare, le condizione dei salari dei lavoratori metalmeccanici. Facendo ad esempio un confronto tra il nostro Paese e la Francia, nel periodo compreso tra il 1995 e il 2017, si è visto come, partendo da una situazione identica iniziale, nel tempo i lavoratori francesi hanno avuto un aumento del 27% contro il 6% degli italiani. Una diretta conseguenza è stata il minore potere d’acquisto per i nostri connazionali, con la perdita di settemila euro rispetto ai colleghi transalpini. Una condizione che colpisce maggiormente gli inquadramenti più bassi, come gli operai.
Nello stesso periodo analizzato si è visto come in Italia c’è stata una costante diminuzione degli investimenti, mentre l’utile delle imprese metalmeccaniche è cresciuto più dei salari. Dal 2015 la retribuzione oraria dei salari metalmeccanici è cresciuta in termini nominali ma è calata rispetto a quelli reali.
Nelle aziende di piccole dimensioni, la maggior parte di quelle presenti in Italia, si continua a non fare la contrattazione di secondo livello e, dove si fa, i criteri per il premio di risultato (PDR) sono legati maggiormente a parametri finanziari indipendenti dal lavoratore. Contestualmente hanno scarsa incidenza, ai fini del Pdr, la formazione aggiuntiva, i brevetti e l’innovazione. I lavoratori coinvolti dal secondo livello di contrattazione sono solo il 3,3% dell’intera popolazione metalmeccanica italiana.
Rispetto alla presenza di elementi di welfare aggiuntivo nei contratti si è visto che riguarda la maggioranza dei lavoratori, per esattezza il 52%, e la stessa percentuale riguarda coloro che hanno, tutto o in parte, deciso di trasformare il Pdr in welfare. Tra gli elementi di welfare maggiormente utilizzati vi sono quelli che fanno riferimento alla sanità integrativa (oltre mètaSalute) ai servizi educativi e alla previdenza integrativa (oltre Cometa).

AUMENTO SALARI NEL PROSSIMO RINNOVO
“L’indagine presentata da Fim, Fiom e Uilm di Milano rappresenta un indispensabile contributo alla trattativa sui rinnovi dei contratti nazionali di lavoro e, in modo particolare, quello di Federmeccanica e Assistal” ha dichiarato Rocco Palombella, Segretario generale Uilm, che ha ringraziato all’inizio del suo intervento le strutture milanesi che hanno ultimato questo studio.
Palombella aggiunge come “le conclusioni a cui giunge il lavoro confermano le nostre tesi, ovvero che esiste un problema salariale che colpisce soprattutto i lavoratori dipendenti e, di conseguenza, quelli metalmeccanici”. Il leader Uilm si dichiara disponibile “a collaborare e a contribuire affinché questo gruppo di lavoro costituito possa continuare ad andare avanti nell’analizzare altri fenomeni legati al sistema contrattuale e al lavoro dipendente e metalmeccanico”. Il Segretario generale Uilm ha aggiunto come “dobbiamo utilizzare questo lavoro e incentivare i nostri colleghi di Milano a continuare in questo percorso” perché “oltre alle nostre ragioni politiche, è necessario che ci siano anche delle spiegazioni tecniche e questo studio lo dimostra ampiamente”.

Parlando dei contratti nazionali, Palombella ha dichiarato come “hanno riconosciuto poco salario, per effetto della bassa inflazione”, mentre quelli di secondo livello “sono stati rinnovati in poche aziende e non sono stati in grado di implementare il salario legato ai risultati produttivi ed economici delle varie realtà aziendali”.
Questo è dovuto, spiega, “a un fenomeno ormai atavico che vede la presenza nel nostro tessuto industriale di migliaia di aziende sotto i 15 dipendenti” e come “anche le grandi aziende non hanno dato quella spinta necessaria al rinnovo dei contratti di secondo livelli”.
In conclusione, Palombella auspica e ribadisce “la necessità di cambiare una cultura imprenditoriale che continua a ritenere gli incrementi salariali come un elemento di costo” e dichiara di voler continuare, insieme alle altre organizzazioni sindacali, “a sostenere, a ragion veduta, che l’aumento salariale diventi una necessità perché significa dare una spinta ai consumi e avviare il circolo virtuoso che gli aumenti possono causare nell’economia del Paese”.

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