Climate action week

di Chiara Romanazzi

Questa settimana, più precisamente dallo scorso venerdì 20 settembre fino a oggi, si sta svolgendo la cosiddetta Global Week of Climate Action, che ha visto mobilitarsi per il clima numerosi Paesi e migliaia di ragazzi. L’obiettivo è quello di  chiedere che l’emergenza climatica venga riconosciuta a livello globale.
Il sindacato industriale europeo e globale a cui siamo affiliati, IndustriAll Europe e Global, insieme alle rispettive confederazioni Ces e Csi, hanno aderito a questa mobilitazione per promuovere la giusta transizione e chiedere ai governi iniziative contro il cambiamento climatico. Difatti, il sindacato internazionale ha ribadito questa posizione durante il vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si è tenuta a New York il 23 settembre.

ZERO EMISSIONI ENTRO IL 2050
Il primo risultato di questo summit a margine della 74esima Assemblea Generale dell’Onu che è iniziata il 17 settembre, è stato un accordo tra 66 Paesi per raggiungere le zero emissioni entro il 2050. A questo accordo hanno preso parte, oltre a 66 Paesi, anche 102 città e 93 imprese. 
Contemporaneamente all’inizio dello svolgimento di questo importante appuntamento,hanno manifestato oltre 4 milioni di persone in circa 185 Paesi e gli eventi sono stati pubblicizzati su circa 8.500 siti web. Da Jakarta a New York, da Karachi ad Amman, da Berlino a Kampala, da Istanbul al Québec, nelle grandi e piccole città, milioni di persone hanno fatto sentire la propria voce a difesa del clima.
Nel Pacifico, ad esempio, nelle isole Salomone, i manifestanti hanno remato fino alla riva della laguna Marovo inscenando una danza tradizionale guerriera. Durante lo sciopero climatico globale sono stati lanciati messaggi di resilienza e richieste di iniziative climatiche su scala globale.
In Australia, il più grande esportatore di carbone e gas naturale liquido, oltre 400 mila persone fra Sydney e Melbourne, sono scese nelle piazze in oltre 100 iniziative organizzate.
In Asia, nelle Filippine, i manifestanti hanno radunato 60 giovani indigeni dai diversi villaggi di Bukidnon e hanno svolto una riunione sulle iniziative climatiche, mentre oltre 500 studenti, attivisti e lavoratori hanno partecipato allo sciopero climatico a Quezon City, formando un cordone umano con il messaggio “non c’è un pianeta B”.
In Giappone, gli scioperi climatici giovanili si sono svolti in oltre 23 prefetture con oltre 5 mila manifestanti.
In Indonesia, migliaia di giovani hanno fatto lunghi cortei per sostenere lo sciopero di Jakarta e altre 11 città.
In Africa , ci sono state oltre 100 iniziative incluso il Ghana dove è stata chiesta giustizia climatica, in Costa d’Avorio hanno manifestato contro la proposta di aprire una centrale a carbone in Senegal e per fermare lo stabilimento di carbone a Bargny. Anche in Sud Africa ci sono state numerose iniziative.
In America, nelle città piccole e grandi numerosissime persone hanno manifestato. A New York ci sono state oltre 250 mila persone per le strade per lo sciopero climatico.

UN SEGNALE FORTE
Ogni Paese del mondo, pur avendo manifestato con modalità diverse, ha voluto lanciare un segnale forte ed inequivocabile alla politica e alle istituzioni affinché si inizi a cambiare concretamente rotta, con la consapevolezza che c’è un urgente bisogno di recuperare un metodo condiviso tra Governo, Istituzioni e Parti Sociali, per costruire insieme un modello di sviluppo basato sulla sostenibilità. 

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