Brexit: il futuro dei cae con un “no deal”

di Chiara Romanazzi

Fino a qualche giorno fa eravamo tutti con il fiato sospeso poiché il 29 marzo era la data di scadenza per il Regno Unito per lasciare l’Europa. Date le numerose bocciature degli accordi preparati da parte della Gran Bretagna, c’era il forte rischio che ci fosse un “no deal”. In questi ultimi due giorni, invece, l’Unione europea e il Regno Unito si sono accordati su un nuovo rinvio “flessibile” di Brexit. Questo significa che il Regno Unito avrà tempo fino al 31 ottobre per uscire dall’Unione, ma potrà farlo prima se il Parlamento britannico voterà a favore di un accordo sulle condizioni di uscita. Tuttavia, il rischio “no deal” non è ancora scongiurato e noi ci auguriamo che in questo lasso di tempo Theresa May possa elaborare un accordo che venga accolto favorevolmente. La Commissione Europea, poco prima che si verificasse questa proroga, aveva pubblicato una nota ufficiale sulle conseguenze che una Brexit “no deal”, cioè un’uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza accordo, potrebbe avere sui cae, i comitati aziendali europei.
Come sappiamo, la direttiva europea 2009/38/CE è la seconda dopo la n°45 del 1994, la cosiddetta “direttiva refusa”, che definisce le regole per l’istituzione dei comitati aziendali europei. Vediamo in sintesi cosa ha scritto la Commissione europea e ricordiamoci che questa nota vale solo nel caso in cui il Regno Unito abbandoni l’Unione europea senza un accordo.

SOGLIE PER L’APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA 2009/38/CE
Uno dei primi articoli di questa direttiva, esattamente il n°2, dà la definizione di “impresa di dimensioni comunitarie” e stabilisce che un’impresa è di dimensioni comunitarie se impiega almeno 1.000 lavoratori negli Stati membri e almeno 150 lavoratori in due Stati membri.
La Commissione europea a tal proposito, con queste linee guida, fa sapere che dalla data del recesso il Regno Unito non sarà più considerato Stato membro e i lavoratori nel Regno Unito non saranno più considerati come lavoratori negli Stati membri. In tal caso, i diritti e gli obblighi previsti dalla direttiva europea dei cae non si applicano più ai comitati aziendali europei, nemmeno a quelli istituiti. Per quanto riguarda i cae già esistenti, potranno proseguire la loro attività a norma del diritto nazionale, ma non in qualità di comitati aziendali europei.

REQUISITI DI LOCALIZZAZIONE
Secondo la direttiva europea 2009/38/CE è necessario che la direzione centrale o il rappresentante della direzione centrale, si trovi nell’Unione Europea. Pertanto, dalla data del recesso, per i cae che hanno la direzione centrale o il rappresentante nel Regno Unito, sarà necessario trasferire il ruolo della direzione centrale in uno Stato membro. Qualora non sia designato un nuovo rappresentante in uno Stato membro, il ruolo di rappresentante incomberà allo stabilimento o all’impresa del gruppo che impiega il maggior numero di lavoratori in uno Stato membro, che diventerà la “direzione centrale presunta”. Questa responsabilità sarà trasferita automaticamente e immediatamente dalla data del recesso.

LEGISLAZIONE DI RIFERIMENTO
Benché dal punto di vista giuridico non sia necessario modificare gli accordi che fanno riferimento alla legislazione del Regno Unito, per ragioni di chiarezza la Commissione europea raccomanda di rivedere tali accordi in modo che facciano riferimento alla legislazione di uno Stato membro.

IL PUNTO DI VISTA DI INDUSTRIALL EUROPE
Questa nota va nella direzione auspicata da IndustriAll Europe e dei sindacati che, come noi, sono affiliati al sindacato industriale europeo. Possiamo quindi riassumere la nota della Commissione europea in questi quattro punti:

  1. Mantenere la rappresentanza britannica nei cae è possibile, a condizione che vengano modificati gli accordi cae per garantire la rappresentanza dei lavoratori britannici.
  2. Occorre modificare la legislazione cae da legislazione britannica a legislazione di un altro Stato membro. Pertanto, ciò significa che gli accordi cae che fanno riferimento alla legislazione britannica, non saranno considerati nulli, come era stato invece detto da alcuni giuristi. Inoltre, poiché, come abbiamo visto, dal momento in cui il Regno Unito lascerà l’Europa, il trasferimento ad altra legislazione sarà immediato, per cui non ci saranno periodi di transizione e di incertezza.
  3. Cae che non raggiungono più i requisiti numerici dopo il recesso del Regno Unito. Se un’impresa o un gruppo di imprese non raggiunge più i requisiti numerici per avere un cae, in virtù dell’esclusione dei dipendenti britannici, il cae non sarà più soggetto alla Direttiva. Tuttavia, potrebbe (questo non sarà automatico) continuare a funzionare in base al diritto nazionale, ma non in qualità di Comitato aziendale europeo, ai sensi della Direttiva europea. 
  4. Rinegoziazione dell’accordo cae. La Commissione europea ha comunicato che il recesso del Regno Unito potrebbe causare una modifica significativa della struttura dell’impresa o del gruppo di impresa e in questo modo determinare una rinegoziazione  dell’accordo cae.

    Il sindacato industriale europeo ha consigliato un approccio caso per caso, in particolare per quanto riguarda la rinegoziazione dell’accordo cae, e invita i coordinatori che dovranno affrontare le rinegoziazioni, nel caso in cui il Regno Unito lasci l’Europa con un “no deal”, a contattare la segreteria di IndustriAll Europe per concordare il da farsi.

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