L’Editoriale

Cari lavoratori,

da diverse settimane la diffusione dell’infezione continua a scendere, con le stesse differenze di come si era propagata. Il Nord mostra segnali di miglioramento anche nella stessa Lombardia, ma il numero dei contagiati continua a destare preoccupazione, mentre in oltre cinque regioni del Sud, isole comprese, si continuano a registrare contagi zero.

Dal 3 giugno è stato rimosso in divieto di transito da una regione all’altra e sono state avviate quasi tutte le attività produttive, commerciali e di servizio rimaste chiuse dopo i provvedimenti governativi emanati subito dopo il propagarsi del virus.

Il ritorno alla normalità sarà lungo e dipenderà soprattutto dai nostri comportamenti per evitare una ricomparsa del coronavirus.
Bisogna ricordare a tutti che al momento, non essendoci stata la sperimentazione di un vaccino, la contrazione dell’infezione è stata dovuta esclusivamente a comportamenti individuali che hanno evitato il contatto tra le persone grazie anche all’utilizzo di dispositivi di protezione, dalle mascherine ai guanti fino al mantenimento della distanza. Per queste ragioni sono state purtroppo chiuse anche le scuole.

Non smetterò di incitare lavoratori, cittadini e giovani a continuare a collaborare rispettando scrupolosamente le misure di sicurezza, seppur limitanti della propria libertà, per evitare ancora una volta la propagazione del coronavirus.

Come ho avuto modo di spiegare più volte, nonostante questa inedita e drammatica situazione noi abbiamo continuato a lavorare per far si che il nostro impegno limitasse i disagi che inevitabilmente sono stati determinati in questi lunghi mesi.

Non sta a me ripeterlo ma la situazione del Paese è preoccupante, soprattutto perché ha determinato un clima di paura, di forte preoccupazione per il futuro di ognuno di noi e delle persone care.

È troppo breve il tempo trascorso per capire quanto ci vorrà prima di riprendere una forma di normalità accettabile. Ogni giorno che passa registriamo numeri drammatici di lavoratori che non hanno ripreso a lavorare. L’elenco delle aziende chiuse è infinito e il numero delle ore di cassa integrazione è aumentato in modo abnorme. Ci sono ancora migliaia e migliaia di lavoratori che non hanno percepito alcun reddito, con difficoltà inimmaginabili per riuscire ad andare avanti considerando che le spese da sopportare hanno continuato il loro corso.

Nonostante le nostre denunce, non siamo riusciti ad avere quelle risposte necessarie per poter garantire ai nostri lavoratori un reddito adeguato in tempi moderatamente accettabili. Così come dicevo, abbiamo continuato a sollecitare il governo e le controparti su temi rilevanti che durante questo periodo si sono accentuati.

Il 25 maggio abbiamo svolto un incontro in videoconferenza sulla situazione degli stabilimenti italiani di ArcelorMittal, al quale hanno partecipato tre ministri del Governo: Catalfo del Lavoro, Gualtieri delle Finanze e Patuanelli dello Sviluppo economico. Per ArcelorMittal era presente in videoconferenza l’Amministratore delegato Lucia Morselli.

Le oltre tre ore di incontro non sono state sufficienti per fugare le grandi preoccupazioni rivenienti dalla continuità produttiva e dall’alto numero di lavoratori in cassa integrazione (quasi 10mila unità).
Abbiamo chiesto a più voci le reali intenzioni e il piano industriale.
L’incontro è stato deludente e si è concluso con l’impegno da parte dell’Ad di ArcelorMittal Morselli di presentare il piano industriale entro dieci giorni.
Il Ministro Patuanelli ha successivamente comunicato al Parlamento che entro il 5 giugno la multinazionale presenterà il piano industriale.

Noi continuiamo ad avere forti dubbi. Appare questo, infatti, l’ennesima promessa che non verrà rispettata. Da parte nostra continueremo a sollecitare il Governo e l’Ad di ArcelorMittal affinché si esca definitivamente da questa situazione che continua a tenere appesi migliaia e migliaia di lavoratori e un intero settore della produzione di acciaio nel nostro Paese.

Oltre all’ex Ilva, abbiamo continuato a incalzare Fca, il settore elettrodomestico attraverso la vertenza Whirlpool e la multinazionale Usa Jabil per trovare una soluzione ai 190 licenziati.

Il 27 maggio abbiamo svolto il nostro Consiglio nazionale, con oltre 110 partecipanti in videoconferenza. È stata una bella prova, nonostante le difficoltà della distanza fisica, che ha dato vita a un importante dibattito, con il tracciamento di un primo bilancio dell’inizio dell’anno.

Da quando siamo entrati nel vortice del coronavirus, e quindi delle videoconferenze, non ci siamo persi d’animo e abbiamo tenuto quasi trenta incontri tra territori incentrati sul tema della sicurezza per piegare, in particolare, i vari Dpcm emanati in questi mesi.
I corsi sono stati effettuati con l’aiuto del nostro Responsabile del settore, Andrea Farinazzo, e con l’invio di materiale informativo per gestire questa fase di riavvio produttivo.

Inoltre è stata avviata un’attività sperimentale formativa sulla comunicazione, riferita a un’area specifica del nostro Paese: il Centro Nord. Abbiamo già svolto 16 sessioni.
Conclusa questa fase si farà un bilancio e si troveranno i correttivi necessari per far si che questa esperienza positiva possa essere estesa a tutta l’organizzazione.

In questi giorni si sono tenuti diversi coordinamenti: LFOundry, Thales Alenia Space, Rlst Unionmeccanica e Leonardo- Aerostrutture. Sono state occasioni importanti che ci hanno permesso di continuare a elaborare idee e proposte per evitare ulteriori danni all’occupazione e per difendere i posti di lavoro.

Utilizzerei lo strumento delle videoconferenze per il tempo necessario per poi tornare alla normalità. Uno strumento che ci ha consentito di superare alcuni ostacoli, ma limita la qualità e l’economia della discussione.

Domenica 31 maggio abbiamo preso parte all’iniziativa, andata oltre ogni aspettativa, organizzata dalle Rsu di Napoli di Whirlpool. Hanno organizzato un dibattito che ha coinvolto decine di relatori, responsabili politici della città di Napoli e Regione Campania, lavoratori, lo scrittore Saviano, il vescovo di Napoli Sepe, Don Ciotti, i segretari provinciali di Fim Fiom Uilm, i segretari regionali e generali di di Cgil Cisl e Uil.

E’ stato un dibattito molto importante e soprattutto un’iniezione di fiducia. L’evento si è concluso con la sollecitazione di un nuovo incontro per richiedere di ritirare la decisione di chiudere entro il mese di ottobre il sito di Napoli.

Continueremo a lottare con tutta la nostra determinazione per evitare chiusure, perdita di posti di lavoro e a tal proposito chiederemo a Fim e Fiom di sollecitare Federmeccanica per riconvocare il tavolo del rinnovo contrattuale entro la metà di giugno.

Aspettiamo la convocazione anche per il rinnovo del contratto delle cooperative: in particolare abbiamo presentato la piattaforma per artigiani il cui contratto è scaduto nel 2018; aspettiamo inoltre incontri con Confimi (contratto scaduto il 31 maggio 2019) con gli orafi (scade il 30 giugno 2020), e infine Confapi (scade il 31 ottobre 2020).

Tra le altre cose, intorno ai contratti nazionali di lavoro continua la polemica con il neo presidente di Confindustria che lancia frecciatine sull’inefficacia del ruolo del CCNL spingendo la contrattazione di secondo livello.

Noi restiamo fermamente convinti che, soprattutto in periodi del genere, il CCNL rappresenti un segnale forte di fiducia verso le aziende e i lavoratori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *