EX ILVA – intervento di Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm Audizione Ilva 22.11.2023

Egregio Presidente
Egregi componenti della X Commissione della Camera
Il 19 gennaio scorso, presso il MIMIT, il Ministro Urso aveva comunicato il finanziamento di 750 milioni di euro complessivi per l’ex Ilva, di cui 680 milioni da parte di Invitalia e i restanti 70 a carico di ArcelorMittal. Il finanziamento doveva servire sia per un riequilibrio delle quote della società, con Invitalia in maggioranza e un cambio della governance, sia per far fronte a una situazione finanziaria prossima al collasso.
In un anno e mezzo il socio pubblico ha finanziato la società per oltre un miliardo di euro, che si aggiunge alle ingenti somme stanziate dallo Stato dal 2019 ad oggi per concedere la cassa integrazione a migliaia di lavoratori tra diretti, indiretti e in amministrazione straordinaria.
Secondo Urso, in questo modo il Governo correggeva l’accordo del marzo 2020, e a fronte di un peggioramento della situazione lo Stato avrebbe assunto il controllo della società.
Da subito ci siamo opposti alla scelta di continuare a finanziare con soldi pubblici un’azienda con una gestione fallimentare:
• rischi continui per la sicurezza dei lavoratori
• assenza di un piano industriale
• mancato rilancio degli stabilimenti
• livelli produttivi ai minimi termini
• migliaia di lavoratori in cassa integrazione
• mancato completamento degli interventi di ambientalizzazione
• elevata esposizione finanziaria nei confronti di fornitori e aziende dell’appalto.
Le nostre ripetute denunce non sono state ascoltate.
Nonostante l’iniezione di ingente liquidità l’indebitamento di Acciaierie d’Italia supererebbe i 2,5 miliardi di euro.
Da febbraio a oggi la situazione è peggiorata ulteriormente e a luglio l’azienda ha rischiato di fermarsi per il mancato pagamento del gas.
Ancora una volta il socio privato ha continuato a chiedere soldi allo Stato con il solito ricatto occupazionale, senza mettere un solo euro (a partire dai 70 milioni previsti a febbraio).
Le argomentazioni sono le più disparate: dalla mancanza di bancabilità alla crisi pandemica, fino alla guerra e all’inflazione.
Allo stesso tempo tutte le aziende siderurgiche, in Italia e non solo, registrano profitti straordinari. La stessa ArcelorMittal fa utili da record.
Acciaierie d’Italia nelle condizioni attuali non potrà mai essere rilanciata e arrivare all’equilibrio finanziario, previsto con una produzione di 6 milioni di tonnellate.
Da settembre la situazione è diventata drammatica.
Il piano Urso è stato palesemente abbandonato e il Governo ha deciso di percorrere un’altra strada negoziando con ArcelorMittal un nuovo accordo e sottoscrivendo un memorandum rimasto segreto, non solo a noi ma anche al socio pubblico.
Abbiamo più volte chiesto di conoscere il contenuto del memorandum e quale sia l’idea del Governo sul rilancio dell’ex Ilva.
Nel frattempo, il socio privato continua a chiedere ulteriori fondi pubblici, si parla di oltre 300 milioni di euro, senza un suo impegno.
Solo una sentenza del Tar della Lombardia ha scongiurato lo stop alla fornitura di gas fino al prossimo 10 gennaio.
Si parla di un piano di decarbonizzazione di oltre 5 miliardi fino al 2030, con il socio privato alla guida.
Nessuno è in grado, però, di spiegarci cosa succederà da oggi e fino alla realizzazione di questo libro dei sogni.
Si continuano a fare convegni nei vari stabilimenti, con richieste esplicite di fondi pubblici per poter produrre l’acciaio green. Sembra davvero una storia di altri tempi: lo Stato finanzia e il privato ne ricava i benefici.
Si può continuare a trattare con un Gruppo che non ha rispettato nessun impegno dal 2018 a oggi e che continua a condizionare un asset strategico del nostro Paese?
È possibile che questo Gruppo possa gestire un eventuale processo di decarbonizzazione, senza aver dimostrato capacità e interesse per l’Italia?
Su cosa si basa il Governo per ritenere credibile questo Gruppo?
Domani ci sarà l’assemblea dei soci. Nei mesi scorsi il Presidente Bernabè ha rassegnato le sue dimissioni, rimaste sospese per evidenti motivi, e forse da domani saranno effettive.
Se domani il socio privato non si impegnerà a finanziare il 62% del fabbisogno richiesto da ADI, cosa farà il Governo? Deciderà di rescindere il contratto con ArcelorMittal per palese inadempienza e per i danni alle persone, all’ambiente e all’economia del nostro Paese?
Basta perdere tempo, occorrono decisioni chiare e immediate.
È urgente un cambio di governance.