“Acciaierie d’Italia; Bocchi-Gambardella (Uil-Uilm): “Solo con il riavvio immediato di AFO 5, la messa in marcia di tutti gli impianti a freddo e il rientro di tutti i lavoratori, gli annunci del governo diventano credibili”

“Senza il riavvio immediato di AFO 5, visti gli altri altoforni a fine vita, non ci sarà il rilancio dell’ex Ilva, non si potrà avere il tempo di gestire la transizione, e non potranno essere alimentate le linee finitrici di Taranto, Genova e Novi che creano il valore aggiunto all’azienda e che consentono il totale riassorbimento dei lavoratori. Insomma, se non ci sarà tutto questo, l’ex Ilva non avrà un futuro”. Lo dichiarano Tiziana Bocchi e Guglielmo Gambardella, rispettivamente segretaria confederale Uil e segretario nazionale Uilm responsabile per la siderurgia, a margine dell’incontro odierno presso il Mimit.

“Il ministro Urso ci ha oggi rappresentato, ancora una volta, uno scenario tutto da realizzare e i cui tempi restano una grande incognita – aggiungono Bocchi e Gambardella – Noi ricordiamo che con il rispetto dell’accordo del 6 settembre 2018 avremmo dovuto avere il Gruppo ex Ilva già rilanciato, una produzione di 6 milioni di tonnellate annue di acciaio liquido, tutte le linea di finitura in marcia per un output di 10 milioni di tonnellate complessive con il graduale rientro in fabbrica dei lavoratori di Ilva in A.S”.

“Oggi, invece – spiegano – abbiamo 5mila lavoratori di Acciaierie d’Italia e Ilva A.S. in cassa integrazione, impianti deteriorati e fermi, condizioni economiche e finanziarie disastrose. A nostro avviso, però, ci sono le condizioni di mercato per rilanciare da subito l’ex Ilva, senza contare che nel 2022 abbiamo importato oltre 6 milioni di tonnellate di coils”.

“Occorre recuperare il tempo perso – dicono Bocchi e Gambardella – e rimediare a tutti gli errori commessi fino a oggi, a partire dalla rinegoziazione al ribasso concessa a Mittal nel 2020. Non si può continuare a concedere ininterrottamente la cassa integrazione, non si può continuare a concedere risorse pubbliche senza vincolarli agli investimenti. Un miliardo di euro è già stato sperperato lasciando alla multinazionale la possibilità di disimpegnarsi e consentire, con una gestione inadeguata, il declino del più grande gruppo siderurgico italiano”.

“Il governo in carica – concludono – decida di invertire il destino catastrofico di Acciaierie d’Italia. Per una vera svolta, il cambio di governance risulta il primo passo da fare”.