“Thales Alenia Space: una JV italofrancese o una Business Unit solo francese”

Negli ultimi due eventi europei del CAE Thales e Thales Alenia Space JV sono state fatte importanti dichiarazioni dai vertici francesi che hanno suscitato perplessità e preoccupazione per le organizzazioni sindacali italiane e che, immaginiamo, possano destare altrettanta preoccupazione all’industria italiana dello Spazio a partire da Leonardo, azionista della joint venture e alle istituzioni italiane, PdCM/COMINT.

Le (disinvolte e pericolosamente troppo generiche) dichiarazioni a cui ci riferiamo riguardano la volontà da parte degli azionisti francesi di voler trasferire attività in capo a Thales Alenia Space Italia alle realtà transalpine per compensare gli scarichi di lavoro in esse presenti.

Ricordiamo che da un anno a questa parte, con la nomina di Massimo Comparini a CEO di TASI e deputy di TAS, la realtà italiana di TAS ha acquisito un volume di contratti di oltre 2 miliardi di euro, con la determinazione dell’azionista Leonardo il sostegno politico delle istituzioni italiane.

Tutte le operazioni hanno comportato un patrimonio di ordini e di programmi spaziali attraverso finanziamenti impegnativi da parte del governo italiano in un’ottica di strategia nazionale finalizzata al rafforzamento delle infrastrutture e del know-how spaziali per rispondere agli obiettivi di transizione verde, mobilità sostenibile, per rafforzare ed accrescere le competenze specifiche ed abilitanti e le capacità industriali di TAS Italia e dell’intera filiera di settore, nella visione di una ripresa economica attrattiva del nostro Paese.

Un sostegno importante del nostro Paese ad una filiera costituita da 200 aziende di cui TAS Italia ne rappresenta la realtà più numerosa sia in termini occupazionali (2.200 addetti sui 7.000 unità complessive) che di cifra d’affari (circa 700 milioni di euro su 2 miliardi del settore in Italia) con circa un terzo, oltre alle start-up ed alle collaborazioni con le Università.

Alla richiesta di Fim Fiom Uilm sulla quantificazione e la tipologia dei volumi di attività che si intendono trasferire non c’è stata volutamente risposta da parte dei vertici francesi. Circa la volontà di portare via dall’Italia qualificanti attività di ingegneria e produzioni ad alto valore tecnologico, ci chiediamo, è legittimo farlo? E chi ne autorizza o ne avalla l’azione?

Anche sulla quantificazione dei necessari investimenti per adeguare le infrastrutture materiali ed immateriali, le capacità industriali e le competenze dei siti italiani per poter far fronte agli impegni contrattualizzati, non c’è stata risposta. E sì che le domande erano chiare, inequivocabili e anche ben tradotte!

Su quali meccanismi si sta giocando? Forse a una sottile inventiva di uscire dal margine utile Si attende di essere fuori tempo utile rispetto al Ramp-Up delle attività per poi dover trasferire frettolosamente in altre strutture esterne a quelle italiane?

Nessun riscontro è pervenuto anche in merito alla nostra sollecitazione di rivedere e/o riequilibrare le struttura di comando delle joint venture (a prepotente trazione francese) che da troppi anni non riesce a risolvere le criticità dei ritardi nell’esecuzione dei programmi con conseguente riduzione delle marginalità e generazione di generici e mai specificati costi di non qualità.

È onesto e razionale che le responsabilità siano addossate ai lavoratori invece che a una discutibile organizzazione e ad una inefficiente conduzione di un’unica nazione?

Ci chiediamo ancora, è possibile che non si possa modificare l’attuale modello organizzativo -basato esclusivamente sull’organizzazione francese di Thales- con l’accentramento delle funzioni strategiche di CFO, Procurement e Risorse Umane?

Da qualche tempo l’organizzazione delle Operation con l’inserimento del nuovo COO francese rientra nella stessa logica. L’organizzazione della Supply Chain basata sulla sinergia con il gruppo Thales attraverso un completo allineamento con il modello di governance dell’azionista francese e con referenti TAS che riportano funzionalmente a Thales cosa può garantire alla filiera italiana?

Ed infine, ci chiediamo, perché l’Italia, in Thales Alenia Space non può avere la possibilità di controllare i processi di valorizzazione delle competenze presenti in azienda e quelli del ricambio generazionale? L’azionista italiano comprende le reali necessità di preservare le missioni produttive dei siti italiani?

In merito a quanto sopra esposto, l’azionista italiano, Leonardo, e le istituzioni italiane, PdCM/COMINT, sono chiamate a rispondere ed a chiarire tutte le questioni sollevate dalle organizzazioni sindacali a salvaguardia di un patrimonio industriale di eccellenza del nostro Paese.

                                                                                                   FIM-FIOM-UILM Nazionali