Ex Ilva: fallimento del bando e futuro incerto. Serve la nazionalizzazione

La vicenda dell’ex Ilva di Taranto ha vissuto in questi giorni uno dei passaggi più delicati della sua lunga e tormentata storia. La gara per la vendita del gruppo si è conclusa con un esito che era stato purtroppo ampiamente previsto: un fallimento.
Come ha denunciato il Segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, le offerte arrivate sono state poche, presentate soltanto da fondi d’investimento privi di una reale solidità industriale e con proposte economiche giudicate “risibili”. Una conferma, secondo la Uilm, dell’assenza di una vera strategia da parte del Governo e dei commissari straordinari, che hanno preferito logiche emergenziali e rinvii, senza affrontare i nodi strutturali del rilancio del sito siderurgico.
Inoltre, dopo le numerose richieste di rinvio della discussione sulla cassa integrazione per mettere nelle condizioni i sindacati e i lavoratori di avere gli elementi necessari, il Ministero del Lavoro ha deciso di chiudere la procedura sulla cigs dando facoltà all’azienda di proseguire unilateralmente.
È per queste ragioni che Fim Fiom Uilm hanno proclamato lo stato di mobilitazione permanente e assemblee in tutti gli stabilimenti, anche con l’utilizzo dello sciopero.

ORA NAZIONALIZZAZIONE

Palombella non usa mezzi termini: “Per evitare la chiusura totale dell’ex Ilva e un disastro ambientale e occupazionale senza precedenti, l’unica strada è la nazionalizzazione. Non si può più perdere tempo: bisogna salvaguardare 20 mila posti di lavoro e intere comunità”.
Il leader Uilm richiama l’esempio di altri Paesi, come la Gran Bretagna, dove interventi pubblici di questo tipo sono stati utilizzati per salvare settori strategici. La situazione degli impianti, intanto, resta critica: l’unico altoforno in funzione si è fermato nuovamente per guasti tecnici e l’azienda continua a registrare ingenti perdite economiche, mentre cresce il ricorso alla cassa integrazione.

IL FRONTE SINDACALE UNITO
Fim, Fiom e Uilm hanno alzato il livello dello scontro con il Governo. Le tre sigle metalmeccaniche hanno deciso di non partecipare all’incontro convocato dal Ministero del Lavoro sulla Cigs, giudicando “inaccettabile” discutere di ammortizzatori sociali in assenza di una cornice industriale e politica chiara.
In una lettera indirizzata al Ministero, i sindacati hanno ribadito che qualsiasi confronto sugli strumenti di sostegno al reddito deve avvenire solo dopo una convocazione a Palazzo Chigi, sede naturale per affrontare una vertenza che riguarda il futuro dell’intera siderurgia italiana.
“Non è accettabile – sottolineano Fim, Fiom e Uilm – proseguire con tavoli parziali e rinvii continui. Occorre chiarezza sul percorso che il Governo e la struttura commissariale intendono intraprendere per il gruppo ex Ilva. Solo allora si potrà discutere seriamente di ammortizzatori sociali”.

UNA VERTENZA LUNGA 13 ANNI
La vicenda dell’ex Ilva, che da oltre tredici anni tiene con il fiato sospeso migliaia di lavoratori e famiglie, sembra essere arrivata a un punto di svolta. “Siamo ai titoli di coda – ha avvertito Palombella – e abbiamo le ore contate. È il momento del coraggio e della responsabilità: non servono altri Ponzio Pilato, ma decisioni forti per il bene del Paese”.

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