Sulcis: il sindacato non si rassegna alla deindustrializzazione

di Guglielmo Gambardella 

Riteniamo che l’industria abbia rappresentato, e debba continuare ad esserlo, un asset economico di sviluppo e progresso per qualsiasi Paese che ambisca a migliorare le condizioni di vita delle persone. Lo ha rappresentato ancor di più in aree geografiche del nostro Paese, non interessate da grandi piani nazionali di sviluppo infrastrutturale e/o in posizioni disagiate come quelle insulari. Ma nell’ambito delle stesse isole, ci sono aree ancora più periferiche dove le condizioni di contesto erano ancora più difficili.

UNA TERRA INCANTEVOLE
Una di queste è il Sulcis, che si estende nella porzione sud-occidentale della Sardegna. Una bellissima terra, che tuttora conserva un paesaggio naturalistico incantevole, e che nei secoli scorsi vedeva un’economia fatta prevalentemente di attività agricola e pastorale. Nei primi decenni del secolo scorso, con la scoperta dei giacimenti carboniferi, il Sulcis ha visto lo sviluppo dell’industria estrattiva, poi di poli industriali, come quello di Portovesme, e centri urbani.
Questo processo comportò un progresso sociale ed economico che risollevò il territorio dallo stato di arretratezza tipico delle economie basate esclusivamente su attività agropastorali. Questa evoluzione socio-economica caratterizzò il territorio, esaltando le qualità delle comunità, oltre alle storiche ed importanti tradizioni.

IL DECLINO ECONOMICO 
Purtroppo, con la crisi dell’industria estrattiva a partire dagli anni settanta e quella successiva della trasformazione, è iniziato il declino economico e sociale dell’area, che non è stato compensato dallo sviluppo del settore terziario e del turismo, con evidenti conseguenze: demografia al collasso, emigrazione, disoccupazione giovanile a livelli insostenibili.
Tutta questa premessa è stata necessaria per capire l’attuale fase storica in cui ci troviamo e per immaginare il futuro di quella comunità. Un futuro che inevitabilmente e necessariamente deve essere costruito dal rilancio industriale, e in particolare delle tre le più importanti realtà: SiderAlloys, l’ex Alcoa, non è stata in grado, dopo sette anni dall’acquisizione da parte di una multinazionale americana, di far ripartire gli impianti e riassorbire tutti i 400 lavoratori messi in mobilità dal 2014. Eurallumina, controllata dalla Rusal, è ferma dal 2009 con 400 lavoratori (tra diretti e indiretti) in cassa integrazione. La Portovesme srl, controllata da Glencore, con 1350 dipendenti, di cui 650 diretti e 700 indiretti, ha iniziato a fermare le linee di produzione ed utilizzare gli ammortizzatori sociali.

LA TRANSIZIONE ECOLOGICA 
Ricordiamo che Portovesme srl, Eurallumina e SiderAlloys potrebbero trasformare le importanti materie critiche necessarie alla transizione ecologica della manifattura italiana: alluminio, zinco, piombo.
Le ultime grandi realtà industriali metallurgiche che, negli anni, hanno rappresentato un volano di sviluppo economico e occupazionale del Sulcis, anche per la strutturata presenza di tante aziende dell’indotto, in particolare quelle metalmeccaniche, qualificate e competenti.
Per questi motivi abbiamo preteso ed ottenuto l’insediamento di un tavolo permanente presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, per affrontare, complessivamente, questa profonda crisi che interessa i 23 comuni del Sulcis-Inglesiente.

L’INCONTRO AL MIMIT
L’ultimo incontro al Mimit, tenutosi lo scorso 29 maggio, è stato utile per definire un quadro di contesto relativo alle aziende interessate, comprese quelle dell’indotto, all’occupazione e agli strumenti disponibili, a partire dagli incentivi alle imprese, fino a quelli di formazione per la qualificazione degli addetti.
La Uilm ha inoltre chiesto di verificare la creazione di condizioni favorevoli di contesto, dal costo energetico alle facilitazioni burocratiche, per attrarre anche nuovi investitori. Ci auguriamo che, dopo la fase di analisi, si passi alla progettualità per il rilancio del Sulcis, un territorio che soffre da troppi anni per scelte sbagliate o mancate.
La Uilm non si rassegnerà ad accettare un destino di declino di quel territorio e delle sue comunità.  

 

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