Carissimi,
apro questo mio editoriale con il rammarico nel constatare, come sapete, che non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione da parte di Federmeccanica e Assistal sulla possibilità di poter riprendere il negoziato per il rinnovo del contratto.
Anzi, da indiscrezioni abbiamo saputo che non intendono affatto riaprire la trattativa, in attesa dell’elezione del nuovo Presidente che avverrà il 10 luglio. Un atto che considero grave, poiché far dipendere la ripresa della trattativa dal cambio del Presidente significa aspettare oltre un mese e mezzo senza risposte.
Da oltre 1 anno e dopo 32 ore di sciopero la trattativa è ferma. La piattaforma contrattuale che abbiamo elaborato oltre ad aver ottenuto il 96% di consensi dei lavoratori, interpreta le necessità del momento: più salario, meno orario, più sicurezza, più formazione, meno precarietà, più parità di genere, più diritti.
Stiamo incontrando difficoltà con le controparti non solo sulla parte economica, ma anche sul ruolo che la contrattazione deve avere. Vogliono ritornare al passato, vogliono legare gli incrementi dei minimi contrattuali all’andamento economico della singola azienda. Vogliono aumentare l’orario di lavoro aumentando le flessibilità e le ore di straordinario. Vogliono aumentare il lavoro precario.
Per questi motivi, insieme a Fim e Fiom, continueremo a insistere ma è chiaro che stando così le cose confermiamo le decisioni assunte nell’Assemblea di Bologna del 20 maggio scorso: 8 ore di sciopero con manifestazioni regionali per il 20 giugno. Il prossimo 9 giugno, in occasione dell’Esecutivo nazionale, approfondiremo ancora di più i temi legati ai rinnovi contrattuali.
Per quando riguarda invece le aziende e le crisi industriali, intanto dobbiamo dire che tocca a un italiano risollevare le sorti di Stellantis. Aspettavamo da mesi la decisione sul nuovo Amministratore delegato, chiederemo subito un incontro con il nuovo Ceo Filosa per avere conferme e aggiornamenti sul Piano Italia, sugli investimenti e sulle strategie di Stellantis nel nostro Paese.
Nel frattempo proprio oggi a Torino abbiamo firmato il rinnovo della parte economica del CCSL. L’accordo siglato con CNH Industrial, Ferrari, Iveco e Stellantis prevede un aumento per il prossimo biennio del 6,6% e quindi porta l’incremento dell’intero quadriennio 2023-2026 al 18,66%. È un risultato importante che ha assicurato il pieno recupero del potere di acquisto in condizioni assai difficili di alta inflazione e di crisi del settore automotive, un’intesa che pensiamo possa costituire un esempio positivo di relazioni sindacali per tutto il comparto metalmeccanico, nonché un segnale della volontà di continuare a credere nell’Italia.
Nel marzo di due anni fa, era stata definita per quattro anni la parte normativa e per due anni la parte economica; allora avevamo ottenuto un aumento della paga base e dei premi annui dello 11,3%; sommando a questo incremento quello pattuito oggi del 6,6% e applicando un calcolo composto delle percentuali, arriviamo quindi nel quadriennio a un aumento complessivo del 18,66%.
In termini assoluti significa incrementi medi mensili sulla paga base di 140 euro per i prossimi due anni e 350 euro complessivi nel quadriennio, con riflessi su tutti gli istituti connessi, compreso il premio variabile il cui importo massimo supera oramai il 10% della retribuzione base annua. Inoltre saranno riconosciute due erogazioni una tantum di 240 euro ciascuna.
Per quanto riguarda invece l’ex Ilva, la situazione resta ancora drammatica. L’incontro del 21 maggio scorso con il Governo a Palazzo Chigi non è stato positivo perché non abbiamo ricevuto risposte concrete sui temi che abbiamo posto come l’aumento ingiustificato dei numeri della cassa integrazione dopo l’incidente all’Afo 1, i tempi e le condizioni della cessione alla compagine azera, il ruolo dello Stato nella decarbonizzazione e nella futura società.
Inoltre non abbiamo avuto chiarimenti sul piano di ripartenza, sulla richiesta di unificazione delle due Amministrazioni straordinarie, sulle garanzie dei lavoratori in ILVA AS e di quelli che saranno interessati dalla cassa integrazione.
Nonostante questo abbiamo ritenuto di aggiornare il tavolo, alla luce anche degli approfondimenti che farà il Governo sulle questioni poste, per riprendere e continuare la discussione al fine di trovare le migliori soluzioni per i lavoratori e gli stabilimenti dell’ex Ilva.
Con la transizione ai forni elettrici avremo inevitabilmente esuberi, per questo serve una legge speciale per la gestione dell’occupazione, pre pensionamenti e strumenti di risarcimento per tutti i lavoratori diretti, dell’appalto e in Ilva AS.
Abbiamo un prossimo incontro programmato per lunedì prossimo a Palazzo Chigi, proprio per avere ancora più chiarimenti dal Governo e da Urso sulla trattativa con Baku e sul futuro di tutti i lavoratori.
Io ritengo che sia ormai ineludibile il passaggio da una nazionalizzazione. Lo Stato deve prendere in mano una volta per tutti, e con pieni poteri, le sorti dell’ex Ilva e della siderurgia italiana. C’è bisogno di investimenti e di una visione di futuro per avviare al più presto la decarbonizzazione tanto annunciata, al fine di salvaguardare interi territori e migliaia di famiglie.