L’Editoriale

Care lavoratrici e cari lavoratori,

sono state settimane molto intense sotto diversi fronti, da una parte il rinnovo del contratto dei metalmeccanici con una trattativa bloccata da novembre, e dall’altra le crisi industriali con alcune vertenze particolarmente complesse come quella dell’ex Ilva.

Ed è su quest’ultima che vorrei soffermarmi, per la gravità e la delicatezza del momento in cui purtroppo ci troviamo ancora una volta.

L’incidente all’altoforno 1 ha smascherato la reale situazione dell’ex Ilva che vede il bando di vendita e la trattativa con Baku in una situazione indefinita, la nuova AIA non è stata ancora approvata dal Ministero dell’Ambiente e potrebbe subire ulteriori slittamenti, c’è insufficienza di risorse economiche per la manutenzione e il ripristino degli impianti e le fonti di finanziamento già percepite, compreso il prestito ponte, sono in fase di esaurimento.

Tutto questo ha provocato il raddoppio della cassa integrazione attuale, da 2mila a 4mila lavoratori, e l’avvio di un’altra procedura per aumentarla ulteriormente, senza conoscere realmente l’entità del danno subìto dall’altoforno 1. Si prefigura, inoltre, la fermata strutturale di due altoforni (1 e 2) e il mantenimento in esercizio del solo AFO 4, fatte salve ulteriori decisioni negative.

La lotta dei lavoratori ha scongiurato a gennaio del 2024 la fermata totale degli stabilimenti gestiti da ArcelorMittal, a distanza di un anno e mezzo purtroppo la situazione è diventata di nuovo insostenibile. Come prevedibile, è iniziata la fase delle strumentalizzazioni e dello scarica barile, ma bisogna evitare di far pagare ancora una volta ai lavoratori gli errori degli altri prospettandogli una cassa integrazione a vita.

Pertanto il Governo deve prendere atto che l’unica strada rimasta da percorrere è quella della nazionalizzazione, per il tempo necessario, anche con il supporto di produttori siderurgici italiani. Occorre avviare una reale decarbonizzazione attraverso l’immediata costruzione dei forni elettrici e dell’impianto di preridotto, come previsto dal programma dei commissari straordinari; mettere in sicurezza i tre altoforni e farli produrre fino a quando non entreranno in esercizio i due forni elettrici e non oltre il 2030; avviare tutti gli impianti di laminazione e tubifici rimasti fermi da lunghi anni. Bisogna fare in fretta prima che la situazione diventi irreversibile con veri danni all’ambiente, alla salute e ai livelli occupazionali.

Sul fronte contrattuale, come sapete abbiamo svolto l’Assemblea unitaria a Bologna lo scorso 20 maggio, ringrazio personalmente tutti coloro che hanno partecipato. I nostri colori dominavano la piazza Lucio Dalla in modo evidente, a riprova del grande ruolo che la Uilm ha sempre avuto nella trattativa e che avrà fino alla fine.

Abbiamo detto che senza una convocazione e la ripresa del confronto con Federmeccanica e Assistal entro fine mese, non ci fermeremo e proclameremo ulteriori 8 ore di sciopero per il 20 giugno. Sono consapevole del fatto che lo sciopero non sia facile per nessuno, alla luce del fatto che abbiamo già svolto 32 ore di sciopero da novembre a oggi, ma sono convinto di una cosa: il rinnovo del contratto non ha prezzo.

Rinnovare il contratto collettivo nazionale di lavoro con un incremento consistente sui minimi contrattuali è fondamentale per restituire ai nostri lavoratori la dignità che meritano.
Sono convinto che grazie al nostro coraggio, alla nostra determinazione e alla forza delle nostre idee riusciremo a raggiungere l’obiettivo.

Vi invito a non mollare. Come sapete, io non lo farò e lotterò fino all’ultimo secondo per un rinnovo del contratto basato sulla nostra piattaforma. Più salario e meno orario è la strada per il futuro del lavoro metalmeccanico. Senza sé e senza ma.

Avanti tutta e buona lettura.

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