Care lavoratrici e cari lavoratori,
lo stallo con Federmeccanica e Assistal per quanto riguarda la trattativa per il rinnovo del CCNL ci ha costretti, insieme a Fim e Fiom, a dichiarare ulteriori otto ore di sciopero da effettuarsi a febbraio. Noi abbiamo chiesto alla parte datoriale di mettere da parte la contropiattaforma e riprendere il confronto dalla nostra piattaforma, l’unica votata da oltre il 98% dei lavoratori.
Come sapete, è composta da 11 punti imprescindibili, ma si caratterizza in modo particolare per la richiesta di un incremento salariale pari a 280 euro al livello medio e una sperimentazione di riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali, per affrontare le crisi aziendali e per gestire la transizione ecologica e digitale.
Ci auguriamo che Federmeccanica e Assistal capiscano l’importanza che ha per noi tutti il rinnovo del CCNL. Lo abbiamo saputo valorizzare nel 2016, lo abbiamo rafforzato nel 2021, è arrivato il momento di dare seguito a un percorso che è una garanzia per i diritti dei lavoratori e per la sopravvivenza stessa delle aziende.
Sul piano delle crisi aziendali, siamo alle prese ancora una volta con la vertenza dell’ex Ilva. Siamo nella fase conclusiva della gara, ci sono state tre proposte per l’acquisizione dell’intero Gruppo che sono al vaglio di Governo e Commissari. Per quanto ci riguarda abbiamo espresso delle perplessità su Jindal, l’unico Gruppo interessato ad aver rilasciato ben tre interviste su importanti quotidiani nazionali. Abbiamo letto purtroppo parole poco rassicuranti che, se realizzate, metterebbero a serio rischio la siderurgia italiana e tutta l’ex Ilva.
Al Governo abbiamo chiesto il pieno coinvolgimento delle parti sociali in tutte le fasi della trattativa con un ipotetico nuovo acquirente, al fine di poter mettere in campo ogni nostra conoscenza e dare un contributo serio garantendo il futuro degli stabilimenti. È necessario fare tutto il possibile per salvaguardare l’ambiente, tutti i posti di lavoro e la produzione. Solo così sarà possibile salvare l’ex Ilva e riscattare intere comunità.
Come sapete anche il settore degli elettrodomestici sta vivendo un momento di forte crisi. Ieri, giovedì 30 gennaio, un presidio di oltre 400 lavoratori ha manifestato sotto il Ministero delle Imprese e del Made in Italy per chiedere interventi urgenti sulla vertenza Beko, che in questo momento rappresenta l’emblema di un settore in forte difficoltà.
La disponibilità di Beko a iniziare un confronto su un nuovo piano industriale, senza aprire la paventata procedura di chiusura e di licenziamento, costituisce il presupposto minimo per iniziare una trattativa. Tuttavia le disponibilità aziendali sono ancora estremamente generiche.
Concludo questo mio editoriale ricordandosi che mercoledì 5 febbraio sarò a Bruxelles con un’ampia rappresentanza di lavoratrici e lavoratori dell’industria metalmeccanica e non solo. La manifestazione si svolgerà a partire dalle 10.30 sotto la sede del Consiglio europeo, per rivendicare un vero piano industriale europeo.
Al presidio parteciperanno i sindacati e i lavoratori dell’industria di tutta Europa, per chiedere all’Ue e ai Governi di agire ora, in quanto sono necessarie risposte concrete e urgenti per governare e non subire la transizione ecologica.
A causa della mancanza di una chiara strategia e di un piano industriale europeo, di decisioni aziendali sbagliate e di ritardi negli investimenti nell’industria, la deindustrializzazione non è più una minaccia, ma una realtà.
Le cinque richieste per un vero piano industriale europeo sono: investire nella formazione delle lavoratrici e dei lavoratori per garantire una giusta transizione ed evitare licenziamenti; prevedere una politica industriale con forti investimenti pubblici per una crescita inclusiva a condizionalità sociali integrate in tutti gli investimenti pubblici; investire in reti e infrastrutture moderne per un’energia stabile, conveniente, affidabile e a basse emissioni di carbonio; rafforzare la contrattazione collettiva e la partecipazione dei lavoratori al processo decisionale; garantire pratiche di acquisto eque e la due diligence sui diritti umani lungo le catene di fornitura.