Si è svolta il 16 e 17 novembre scorso a Roma, presso il Centro Congresso Frentani, la riunione straordinaria allargata del Comitato Automotive di IndustriAll Europe, organizzata da Fim Fiom Uilm e dal sindacato industriale europeo sul futuro dell’industria automobilistica europea, alla lucedella decisione europea di fermare la produzione di motori endotermici entro il 2035. Ai panel hanno partecipato 15 Paesi per discutere, insieme, quale futuro dare a uno dei settori più importanti dell’industria e tra quelli più impattati dalla transizione ecologica e digitale.
ALCUNI NUMERI
L’industria dell’automotive rappresenta in Europa 2,6 milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero, e nel complesso più di 13 milioni di posti di lavoro. Ciò fa di questo settore uno dei più importanti in Europa e in Italia. Nel nostro Paese sono circa 250 mila le lavoratrici e i lavoratori coinvolti, di cui 168 mila riguardano la filiera della componentistica.
Le trasformazioni del settore automotive devono essere accompagnate da interventi di politiche industriali che devono contribuire ad attivare le sinergie di una filiera ramificata, promuovendo dimensioni e cultura di impresa compatibili con le sfide del settore; a gestire le crisi industriali già aperte; a prevedere investimenti di sostegno all’offerta per la difesa dell’attuale capacità installata e dell’occupazione, per l’attrazione di nuovi investimenti produttivi e per il sostegno alla ricerca e sviluppo di prodotti che valorizzino le eccellenze italiane di tecnologia e stile. Si rendono, infine, necessari ammortizzatori sociali per accompagnare le transizioni in atto, e occorre aumentare i salari per dare risposte immediate al forte disagio economico che le lavoratrici e i lavoratori stanno affrontando a causa del caro energia e dell’inflazione.
UN’OCCASIONE IMPORTANTE
“In Italia – ha ricordato il Segretario generale Uilm, Rocco Palombella – con la transizione ecologica sono a rischio 120mila posti di lavoro e il settore è da sempre centrale per la nostra economia. Tuttavia, se negli ultimi anni abbiamo affrontato questo tema ognuno all’interno del proprio Paese, crediamo che sia giunto il momento per una strategia di azione comune. Servono accordi sovranazionali ambiziosi e vincolanti, che fissino precisi obiettivi e target intermedi, le risorse per raggiungerli, gli incentivi e le sanzioni per chi non li rispetta. Tutto questo deve servire ad arginare concorrenze sleali tra gli Stati che hanno scadenze più̀ lontane nel tempo nella produzione e commercializzazione di auto endotermiche”. Basti pensare che la quantità̀ di CO2 prodotta nel mondo è di 37 miliardi di tonnellate, di cui l’8% viene prodotto dai 27 Paesi dell’Unione europea, l’1% dall’Italia e il 50% del totale da Cina, Usa e India. La Cina ha stabilito che raggiungerà̀ la neutralità̀ climatica entro il 2060 e l’India entro il 2070. “Nei giorni scorsi – ha aggiunto il leader della Uilm – il Commissario europeo Thierry Breton ha criticato il provvedimento per lo stop alla vendita di auto a combustione dal 2035 promosso dalla stessa commissione Ue di cui fa parte, dichiarazioni che ci lasciano senza parole. Non è più il tempo della confusione, è il tempo dell’azione per assicurare ai lavoratori dell’industria automobilistica europea un futuro stabile e duraturo”.
FRONTE COMUNE
Tutti i partecipanti concordano sulla necessità di fare fronte comune per arrivare preparati all’appuntamento del 2035. Nei diversi contributi è emerso che il cambiamento che sta avvenendo in questo momento in Europa non è più un orizzonte lontano, ma è già in atto; sono in gioco milioni di posti di lavoro, spesso posti di lavoro di qualità e alta specializzazione.
È importante che il cambiamento sia accompagnato con nuove politiche di mobilità a livello europeo e locale. I sindacati tutti devono e vogliono essere uniti per spingere le aziende e i politici a gestire il cambiamento, e a non subirlo, facendo scelte lungimiranti e condivise: nessun lavoratore deve essere lasciato indietro. Per questo occorre una strategia industriale basata sulla decarbonizzazione e digitalizzazione, ogni sito deve avere anche un piano sociale per tutelare i posti di lavoro. C’è poi la questione legata alla batterie: possiamo e dobbiamo produrre in Europa le batterie per non essere dipendenti da altri Paesi. L’approccio, infine, deve essere basato sulla neutralità tecnologica al fine di soddisfare i requisiti della neutralità climatica in linea con gli obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite.