Ex Ilva: da azienda piano che porterebbe a disastro occupazionale e chiusura

Il 4 dicembre si è svolto presso il Ministero dello Sviluppo economico l’incontro, presieduto dal ministro Stefano Patuanelli, tra le organizzazioni sindacali, i commissari straordinari di Ilva Spa e i rappresentanti di ArcelorMittal. È stata l’occasione per fare il punto della situazione dopo l’avvio della procedura di retrocessione dal contratto avviata dalla multinazionale e il ricorso d’urgenza presentato da Ilva Spa, oltre all’aggiornamento rispetto alla trattativa che stanno portando avanti Governo e azienda.

L’incontro è iniziato con la rappresentazione da parte di Lucia Morselli, Amministratore delegato di ArcelorMittal, di un nuovo piano industriale per il periodo 2020-2024, che supera quello firmato dall’azienda e dalle organizzazioni sindacali il 6 settembre 2018 al Ministero dello Sviluppo economico.

Si partirebbe dal 2020 con 2.900 esuberi, passando dagli attuali 10.798 a 7.898 lavoratori ripartiti in tutti gli stabilimenti italiani del gruppo, per arrivare al 2023 con 6.098 lavoratori e la previsione di ulteriori 1.800 esuberi, dovuti in gran parte alla chiusura dell’Altoforno 2 e la messa in marcia del forno elettrico che richiede meno personale.

Un totale di 4.700 esuberi che si aggiungono ai circa 2.000 che si trovano attualmente in cassa integrazione presso l’Amministrazione Straordinaria.

L’azienda, durante l’illustrazione del nuovo piano industriale, ha parlato di grave situazione economica del gruppo, con oltre 700 milioni di perdite entro la fine del 2019, alle quali si aggiungono le spese di investimento, per arrivare a circa un miliardo di uscite di cassa.

Il progetto aziendale prevede, inoltre, una stabilizzazione della produzione a sei milioni dal 2021 in poi, il non rifacimento dell’Altoforno 5, minori investimenti di risanamento ambientale e industrali, come ad esempio la riduzione da 700 a 500 metri della copertura dei parchi minerali, dovuti alla diminuzione delle materie prime, e l’inutilizzazione o riduzione di marcia, per la stesso motivo, di impianti come il treno nastri 1, i tubifici e l’acciaieria 1. Infine l’azienda vorrebbe rinegoziare il contratto di secondo livello.

UN PIANO CHE PORTEREBBE ALLA CHIUSURA
“Il piano proposto porterebbe al disastro occupazionale e alla chiusura degli stabilimenti italiani di ArcelorMittal” dichiara Rocco Palombella, Segretario generale Uilm, dopo l’incontro al Mise con l’azienda e il ministro Patuanelli.

Siamo entrati con un accordo approvato col consenso del 93% dei lavoratori un anno fa e usciamo da qui con una proposta di un nuovo piano industriale che lo stravolge e lo cestina, senza spiegare le reali motivazioni che sono alla base di questa decisione” aggiunge il leader Uilm.

“Il piano proposto – continua – non è sostenibile né dal punto di vista occupazionale né industriale. Hanno presentato un piano industriale per chiudere l’attività produttiva”.

“Non vogliamo – prosegue – discutere dei numeri previsti dal programma prospettato dall’azienda. È irricevibile perché non possiamo consentire un piano che porta alla chiusura degli stabilimenti italiani con drammatiche ripercussioni occupazionali”.

“Si possono trovare delle misure transitorie – sottolinea – in presenza di una crisi congiunturale e produttiva ma sempre partendo da quanto previsto dell’accordo del 2018”.

“Entro l’inizio della prossima settimana il governo presenterà il suo piano industriale e vedremo la fattibilità e consistenza della loro proposta. Intanto dal 5 dicembre inizieranno mobilitazioni e assemblee in tutti gli stabilimenti per arrivare a una manifestazione e sciopero nazionale a Roma il 10 dicembre e presidi davanti alle fabbriche” conclude Palombella.

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