Whirlpool Napoli: una chiusura mascherata da vendita

di Gianluca Ficco

Una chiusura mascherata da vendita, questa è l’operazione che Whirlpool sta provando a propinare a Napoli e che il sindacato unitariamente sta provando a respingere. Ci sono almeno tre buoni motivi per opporsi alla cessione verso la start-up svizzera PRS: in primo luogo si tratta di una società priva delle credenziali più elementari, nonché di un piano industriale credibile; in secondo luogo i progetti di reindustrializzazione si stanno dimostrando ancor più difficili da portare avanti da quando il Jobs Act ha ridotto perfino gli ammortizzatori sociali potenzialmente a supporto, come dimostra il caso di Embraco, controllata di Whirlpool, in cui i lavoratori corrono il rischio di perdere la cassa ben prima che qualsiasi attività lavorativa possa realmente partire; infine c’è un accordo firmato a ottobre 2018 col Governo italiano di cui occorre pretendere il rispetto, un accordo che garantiva non solo il rilancio di Napoli ma la salvaguardia di tutti gli stabilimenti italiani. Proprio la consapevolezza che si sta combattendo per contrastare il disimpegno di Whirlpool dall’Italia, oltre a una autentica solidarietà sindacale, hanno portato a scioperare e a manifestare tutte le realtà di Whirlpool al fianco dei colleghi di Napoli.

Il FUTURO DELLO STABILIMENTO
Ma ora la vera domanda, da cui dipenderà la sorte della fabbrica di Napoli, è la seguente: il governo italiano ha la capacità e la volontà di far rispettare a una multinazionale gli accordi sottoscritti in sede istituzionale? In altri termini, c’è la volontà e la competenza necessarie per salvare l’industria dalla crisi che ha ripreso a mordere la nostra economia? Il timore è che i pregiudizi liberisti e le logiche elettoralistiche di breve periodo possano continuare a impedire la elaborazione di una efficace politica industriale. La speranza è che dieci anni di crisi abbiano insegnato che senza industria non può esserci prosperità, specie in una nazione come l’Italia che deve importare materie prime ed esportare manufatti per tenere in equilibrio la bilancia delle partite correnti con l’estero.

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