ArcelorMittal, preoccupazioni per il futuro 

Rocco Palombella al tavolo della trattativa al Mise il 9 luglio scorso

L’incontro fiume al ministero dello Sviluppo economico del 15 luglio scorso, dopo nove ore di trattative serrate e al limite della rottura del tavolo tra le parti, si è concluso con la firma di un accordo da parte delle organizzazioni sindacali, dei rappresentanti di ArcelorMittal, dei commissari straordinari e del ministro Luigi Di Maio. Un accordo che cerca di trovare soluzioni alla crisi che sta attraversando lo stabilimento dell’Ex Ilva di Taranto, dopo la tragica morte del giovane operaio dell’11 luglio scorso, la decisione unilaterale da parte di AM di mettere in Cigo 1.400 lavoratori dal primo luglio, la proclamazione di scioperi a oltranza da parte degli operai e il rischio dello stop definitivo degli impianti per mancanza di personale.

COSA PREVEDE L’ACCORDO DEL 15 LUGLIO
Nell’articolato accordo è prevista la presentazione di un piano di investimenti straordinari legati alla manutenzione; incontri con le Rsu per effettuare una verifica di interventi manutentivi necessari per mettere in sicurezza gli impianti; una verifica del numero dei lavoratori posti in cassa integrazione al fine di impegnarne il maggior numero in attività di manutenzione; l’istituzione di una task force che abbia l’obiettivo di monitorare lo stabilimento e verificarne la sicurezza di tutte le aree e un presidio con l’ausilio di enti, organi di vigilanza e ispezione. “Questo tavolo ha visto ArcelorMittal e governo assumere impegni importanti e con tempistiche precise che possono rappresentare un significativo contributo alla ricerca di soluzioni affinché non ci siano più tragedie come quella di Cosimo Massaro, e che rendano realmente sicuri i luoghi di lavoro all’interno dello stabilimento di Taranto”, ha commentato il Segretario generale Uilm, Rocco Palombella.

L’INTERVENTO DI DI MAIO
Nel corso delle trattative il ministro ha ribadito fermamente di non volere la chiusura dello stabilimento e si è assunto impegni precisi per la continuità produttiva degli impianti di ArcelorMittal di Taranto. Inoltre si è impegnato per l’inderogabile validità del Dpcm di settembre 2017 (piano ambientale) e a intervenire, se necessario, con strumenti legislativi sulla norma della tutela legale per garantire il rispetto degli interventi previsti dal piano stesso.

NESSUN RIPENSAMENTO SULLA CIGO
Era stato invece inconcludente e preoccupante per il futuro dei lavoratori l’incontro del 9 luglio scorso presso il ministero dello Sviluppo economico, organizzato per discutere del monitoraggio delle azioni messe in atto da parte di ArcelorMittal rispetto all’accordo sottoscritto il 6 settembre 2018.
Nel corso dell’incontro tra sindacati, azienda, commissari straordinari e Ministero è stato riscontrato un atteggiamento di rigidità e contrarietà da parte dei rappresentanti di ArcelorMittal rispetto alla richiesta delle parti sindacali di sospensione della procedura di cassa integrazione iniziata il primo luglio scorso per 1.400 lavoratori di Taranto. “Ancora una volta si è voluto far ricadere il peso della crisi dell’acciaio esclusivamente sulle spalle dell’Italia e dei lavoratori dell’ex Ilva – ha spiegato Palombella – perchè se è vero, come confermato durante l’incontro dal Ceo Matthieu Jehl, che ArcelorMittal perde 150 milioni di euro in tre mesi, il risparmio ottenuto dalla cassa integrazione ordinaria, circa 8 milioni di euro, è nulla al confronto. Inoltre – ha aggiunto – Taranto sta già pagando il prezzo di questa crisi con un taglio discriminatorio della produzione di acciaio: un milione di tonnellate in meno rispetto al piano industriale, mentre negli stabilimenti in Polonia, Germania, Francia e Spagna si tagliano complessivamente due milioni di tonnellate di acciaio”.
A tutto questo si aggiunge la situazione lavorativa dei 1.700 lavoratori in amministrazione straordinaria che è legata alla ripresa dell’attività produttiva, al piano di bonifiche e ai corsi di riqualificazione organizzati dalla Regione tuttora fermi. Una situazione incandescente che rischia di essere peggiorata dall’atteggiamento di chiusura da parte di ArcelorMittal. Vedremo quindi nelle prossime settimane se ArcelorMittal rispetterà gli accordi sottoscritti, andando nella direzione di maggiore sicurezza, mettendo in secondo piano la produzione di acciaio, oggi non prioritaria rispetto alla salvaguardia dei lavoratori e degli impianti.

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