“Fino alla fine abbiamo provato a trattare per richiedere che non si determinassero 3000 esuberi strutturali chiedendo tutte le condizioni di garanzia, a partire dalla salvaguardia dei 1600 lavoratori in Ilva AS e dell’indotto senza escludere una giusta integrazione salariale all’ammortizzatore sociale. L’azienda non ha voluto riconoscere, nell’accordo di cigs, la validità dell’accordo del 6 settembre 2018 che rappresenta l’unico atto di salvaguardia ambientale, occupazionale ed industriale dell’ex Ilva. In particolare Acciaierie d’Italia ha dichiarato che l’accordo di marzo 2020, tra ArcelorMittal e Commissari di Ilva, abbia cancellato la salvaguardia occupazionale e il rientro a lavoro dei 1.600 lavoratori in AS. Dopo queste parole inaccettabili le altre organizzazioni sindacali non hanno reagito in nessuna maniera contro l’azienda. Una scelta che la Uilm non accetterà mai perché l’accordo del 2018 non può essere cancellato con una dichiarazione al tavolo”. Lo dichiarano Guglielmo Gambardella, Segretario nazionale Uilm, e Davide Sperti, Segretario Uilm Taranto.
“L’azienda – continuano – non ha voluto riconoscere la temporaneità e la transitorietà dello strumento di cigs, determinando la strutturalità degli esuberi dichiarati in procedura. Non ha presentato nessun piano industriale di rilancio e di investimenti che assicurasse una reale prospettiva di lungo periodo. Non ha dato nessuna certezza su assetti produttivi, sulla ripartenza dell’AFO 5 e sulla realizzazione forni elettrici e impianto DRI. Non ha assicurato che il limite produttivo dei 4 milioni di tonnellate all’anno sia limitato al solo 2023 con piena incertezza per il 2024, prefigurando, di fatto, una cigs senza fine in mancanza di un programma di risalita produttiva. Non ha ridotto nemmeno il numero di lavoratori in cassa integrazione mantenendo inalterato quello del 2022. Non ha aggiunto nessun elemento economico alla maturazione dei ratei di tredicesima, già dichiaratamente disponibili nella precedente procedura; a tal proposito, la Uilm ha chiesto, invece, che si aggiungesse anche il riconoscimento del Premio e la maturazione delle ferie anche per chi è in cigs. Infine, l’azienda non ha concesso nemmeno che ci possa essere un confronto preventivo con RSU e organizzazioni sindacali sulla gestione della cassa integrazione, ovvero uno strumento che quindi sarà lasciato esclusivamente nelle mani del management di Acciaierie d’Italia”.
“Ci chiediamo – spiegano – come è possibile firmare un accordo di proroga di cassa integrazione a queste condizioni? Noi, per il bene dei lavoratori, abbiamo ritenuto di non poterlo fare, così come unitariamente non l’abbiamo fatto precedentemente in cui c’erano le medesime condizioni di questa volta”.
“La Uilm non sarà mai complice di un disastro sociale ed industriale. Chi l’ha fatto si è assunto una grave responsabilità e ne dovrà rispondere ai lavoratori. Non barattiamo migliaia di esuberi dichiarati con la finta carità. È intollerabile che si debba scegliere tra tredicesima ed esuberi” aggiungono.
“Ribadiamo, ancora una volta, che la cosa più grave è quella di una governance che vede al suo interno la partecipazione dello Stato attraverso Invitalia che, fra l’altro, ha finanziato recentemente l’azienda con 680 milioni di denaro pubblico. Adesso, è urgente sapere se il governo vuole salvare veramente il più grande gruppo siderurgico italiano. Ora metteremo in atto tutte le iniziative possibili per evitare un disastro ambientale, occupazionale e industriale senza precedenti” concludono.
Ufficio Stampa UILM