Palombella (Uilm):”Lo stato della siderurgia in Italia”

Il 9 ottobre è programmato l’incontro al dicastero dello Sviluppo economico tra il sindacato metalmeccanico e Am Investco sul piano industriale dell’Ilva. Si tratta di una realtà che occupa (oltre 14.000 addetti diretti e circa 5000 indiretti). Abbiamo ritenuto l’indicazione di questa data da parte governativa troppo lontana dagli eventi che caratterizzano questa vicenda, il quali vanno affrontati invece con celerità ed urgenza. Affrontare il tema del futuro dell’Ilva significa agire per la salvaguardia della siderurgia in Italia e lo sviluppo della produzione di buon acciaio all’interno dei confini nazionali.

IN CORSO IL COORDINAMENTO NAZIONALE DELLA UILM
Ecco perché in queste ore si sta svolgendo presso la sede della Ex Flm in corso Trieste a Roma il coordinamento nazionale della Uilm per il settore siderurgico, aperto dalla relazione introduttiva del coordinatore Guglielmo Gambardella e chiuso, dopo gli interventi delle realtà interessate, dalle considerazioni finali di chi scrive.

La discussione odierna promossa dai metalmeccanici della Uil produrrà anche una sintesi su temi come quelli “dell’ambiente”, della “sicurezza” (infortuni e malattie professionali) e sulle “relazioni sindacali”.

IL VALORE SPECIFICO DEL SETTORE
La siderurgia continua ad essere un asset fondamentale del nostro sistema manifatturiero, da difendere quando viene messo in discussione per il suo delicato equilibrio ambientale con i territori e con le comunità locali in cui insiste (che a volte sfocia in una mera avversione senza una valida alternativa) dalla concorrenza sleale dei produttori dei Paesi delle economie emergenti che non si pongono limiti nelle emissioni nocive (scarico delle acque, discariche, ecc). E’ un settore che in caso di crisi economica ne risente gli effetti prima degli altri (in Italia, certo non siamo ai volumi del 2007 con 31,6 milioni di tonnellate ma ne esce prima rispetto agli altri infatti la ripresa della produzione di acciaio è iniziata già nel 2016 con un incremento rispetto al 2015 di + 6,1 % con circa 23,3 milioni di tonnellate); per la produzione di acciaio primario sono impegnati circa 35000 lavoratori diretti. Il paradosso che vive la siderurgia nazionale è che, dopo la chiusura di Alcoa-Portovesme, in Italia non ci sono più siti di produzione di alluminio primario. Ci sono, quindi, realtà italiane che hanno un andamento positivo (per investimenti fatti per innovare i prodotti e le tecnologie, che hanno saputo conquistare quote di mercato con efficienti organizzazioni del lavoro (Beltrame, Arverdi e altri) ma ci sono anche realtà che per motivi diversi hanno vissuto negli ultimi anni condizioni di estrema difficoltà.

E’ indubbiamente incoraggiante il ritrovato interesse di grandi gruppi internazionali su alcune nostre realtà industriali che da tempo sono in attesa di , Ilva, Piombino, l’ex Alcoa, solo per citarne alcune. L’Ilva di Taranto, Acciai Speciali Terni, l’ex Alcoa di Portovresme, la ex Lucchini di Piombino e di Trieste sono accomunate dal valore dell’unicità del loro prodotto e dalla specificità del ciclo produttivo relativamente al nostro sistema industriale.
L’Ilva rappresenta l’unico sito siderurgico a “ciclo integrale” (dal minerale all’acciaio) in Italia, il più grande in Europa, in grado di poter produrre specifiche qualità di acciaio che non è possibile ottenere con i forni elettrici.

Lo stabilimento ex Alcoa di Portovesme è l’unico smelter in Italia (fermo dal 2012) per la produzione di alluminio “primario”. Acciai Speciali Terni è leader in Italia di laminati piani in acciaio inossidabile e tra i primi quattro produttori in Europa. Il sito della ex Lucchini di Piombino oggi Aferpi (acquisito nel 2015 dal gruppo algerino Cevital) è l’unico centro siderurgico in Italia dotato di un laminatoio per la produzione di rotaie fino a 108 metri di lunghezza per la rete ferroviaria dell’alta velocità. Quello dello stabilimento Acciaiaria Arvedi di Trieste (ex Lucchini) è l’unico altoforno del gruppo che consente di approvvigionare la ghisa per i forni elettrici del sito siderurgico di Cremona.

GLI APPUNTAMENTI IN SEDE MINISTERIALE
Come già accennato in apertura, il prossimo 9 ottobre, sarà il giorno del via al negoziato con il management di ArcelorMittal Investco ( la multinazionale dell’acciaio che ha acquisito il gruppo Ilva, ndr) per approfondire i diversi punti del piano industriale, presentato il 20 luglio scorso. Nell’occasione noi proveremo a dimostrare ai rappresentanti della multinazionale “l’incoerenza” fra i volumi produttivi attesi dal piano di rilancio del gruppo e i livelli occupazionali; chiederemo un’analisi sui singoli processi dell’intero ciclo produttivo. Chiederemo maggiori investimenti rispetto a quelli annunciati e soprattutto che si parta, da subito, con i lavori di copertura dei parchi minerari. Proveremo a raggiungere un’intesa prima della prevista decisione dell’Antitrust (prevista entro la fine del mese di novembre). Respingeremo l’ipotesi di un assorbimento parziale dei lavoratori Ilva nella nuova società.

Per quanto concerne Piombino, è previsto l’incontro il giorno 20 settembre presso il dicastero dello Sviluppo Economico per procedere alla prima verifica dell’addendum all’accordo del 30 giugno 2015. Noi riteniamo che, vista (ad oggi) la mancata comunicazione da parte della direzione aziendale di Aferpi di una data di riavvio dei treni di laminazione e di avvio degli investimenti del nuovo forno elettrico, sia necessario una verifica da parte del governo di un nuovo soggetto industriale in grado di poter realizzare il progetto di rilancio dell’area piombinese.

Per l’ex Alcoa di Portovesme, lo stesso ministro Carlo Calenda si è impegnato, nel corso dell’ultimo incontro del 27 luglio, a riconvocare le organizzazioni sindacali entro la fine del mese di settembre per aggiornarle sulla cessione dello smelter del Sulcis alla multinazionale SyderAlloys; verificheremo se finalmente la vertenza , aperta dal 2012, sia arrivata in dirittura di arrivo con il passaggio dello stabilimento da Alcoa ad Invitalia e poi a SiderAlloy per poi procedere con il riavvio dell’impianto.

Anche per AST Terni sarà necessario un momento di verifica sulle sue prospettive future perché, nonostante la fine della ristrutturazione ed il ritorno alla profittabilità nel 2016 con largo anticipo rispetto al piano industriale, le notizie di stampa riferiscono di un eventuale trattativa per una joint venture di Thyssenkrupp con Tata Steel; questa circostanza ha fatto ripiombare i lavoratori ternani nella stessa condizione di incertezza già vissuta nel 2012 con il passaggio di AST ad Outokumpu ed il successivo rientro in Thyssenkrupp a seguito della sentenza dell’Antitrust europeo.

E infine è stato calendarizzato per il 28 settembre l’incontro per lo stabilimento Acciaieria Arvedi di Trieste (ex Ferriera di Servola) per verificare la situazione aziendale in relazione agli investimenti sull’area a caldo (altoforno e cockerie) e su quella a freddo (nuovo decapaggio e treno di laminazione) messi in discussione dalla proprietà per i ritardi nelle autorizzazioni per procedere alla loro realizzazione e soprattutto per le continue strumentalizzazioni dell’impatto ambientale del sito da parte di alcuni comitati dei cittadini del quartiere di Servola e della politica locale.

Noi riteniamo che, mai come in questo momento, con le previsioni di crescita della nostra economia, in gran parte dovute alla vitalità del nostro sistema manifatturiero (secondo in Europa dopo la Germania), il nostro Paese necessiti di un solido settore siderurgico per rendere strutturale la ripresa economica, rafforzando le realtà già competitive ma soprattutto recuperando quelle in difficoltà; l’industria dell’acciaio può fornire un importante contributo alla crescita del pil ma particolarmente alla creazione di “buona e qualificata” occupazione.

L’ASSEMBLEA DI FEDERACCIAI
Lunedì 18 settembre saremo presenti a Milano, in occasione dell’Assemblea annuale di Federacciai, per rappresentare le nostre idee e proposte per il settore siderurgico. Dalle imprese italiane, in questi anni, ci saremmo aspettati più coraggio e maggiore sensibilità nei confronti di quelle aziende siderurgiche nazionali, provando a contribuire al loro salvataggio evitando le sofferenze sociali subite dai territori interessati; non si possono chiedere solo sconti su energia o ammortizzatori sociali a carico della collettività e girarsi dall’altra parte quando c’è bisogno di uno sforzo comune.

Ufficio Stampa Uilm
Roma, 15 settembre 2017