Il DEF: tutto sulla nuova manovra finanziaria

di Giuseppe Danza, Rsu Leonardo

Lo scorso mese è stato approvato dal parlamento il Def proposto dal nuovo governo, ovvero il Documento di Economia e Finanza. Tutti i giornali e le televisioni ne parlano, ma pochi sono i cittadini che hanno una corretta informazione su cosa sia e a cosa serva. Vedremo qui di seguito di spiegare e capire bene di cosa si tratta.

IL DEF IN ITALIA
Il Documento di Economia e Finanza, meglio conosciuto appunto come Def, è stato istituito con la legge numero 39 del 7 aprile 2011 dall’allora governo Berlusconi. Si tratta di un testo programmatico scritto ogni anno dal Governo nel quale vengono enunciate tutte le politiche economiche e finanziarie del Paese decise dal soggetto emanatore e sancisce, pertanto, le regole e i criteri dell’andamento economico-finanziario dello Stato, definendo i risultati prestabiliti da raggiungere nel tempo. Una volta steso il testo, il Def viene poi presentato al Parlamento entro il 10 aprile per l’approvazione, per poi essere inoltrato entro il 30 dello stesso mese alle Istituzioni europee. Entro il successivo 20 settembre, il Governo invia alle Camere la ‘Nota di aggiornamento del Def’ con cui aggiorna le previsioni di finanza pubblica e gli obiettivi programmatici, per recepire le eventuali osservazioni del Consiglio dell’Unione europea. Unitamente al nuovo calendario, sono ridefiniti anche gli strumenti ed il contenuto dei documenti programmatici previsti dalla legge di contabilità e finanza pubblica.

COME IMPATTA L’EUROPA
“Il rafforzamento degli strumenti di coordinamento e di valutazione delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri dell’Unione Europea – si legge in una nota del Dipartimento del Tesoro – […] incide anche sul ciclo di programmazione economico finanziaria nazionale. Infatti, è introdotto un nuovo processo di valutazione dei progetti di bilancio nazionali, prevedendo un calendario comune secondo il quale i Paesi dell’Area Euro inviano alla Commissione Europea, entro il 15 ottobre di ciascun anno, un Documento Programmatico di Bilancio (DPB) che contiene l’aggiornamento delle stime indicate nel precedente Programma di Stabilità (PdS). Il documento tiene conto delle revisioni dei dati di consuntivo apportate dall’Istat, spiega la motivazione di eventuali differenze rispetto alle stime del PdS presentato nel mese di aprile, illustra i provvedimenti della manovra di finanza pubblica proposta dal Governo per il conseguimento degli obiettivi programmatici e l’impatto sui conti pubblici e sulla crescita economica. Entro il 30 novembre, la Commissione Europea adotta e presenta all’Eurogruppo un parere sui Dpb in cui è valutata la conformità dei programmi di bilancio alle raccomandazioni formulate nell’ambito del semestre europeo, nonché la congruità della manovra rispetto agli obiettivi programmatici indicati dallo Stato membro”.

LE CIFRE DELLA “MANOVRA DEL POPOLO”
Quota 100, Flat Tax e Reddito di Cittadinanza i punti chiave del ‘Contratto di Governo’ e messi per iscritto nel Def varato dal Governo Conte. Questo, infatti, prevede una serie di manovre a copertura delle novità introdotte dal Governo che tendenzialmente dovrebbero incentivare le prospettive di crescita del Paese, partendo dal Pil (Prodotto Interno Lordo) il quale si stima dovrebbe crescere dell’1,5% nel 2019 e dell’1,6% nel 2020. Previsioni relativamente positive per quanto riguarda il rapporto debito/Pil, che dovrebbe passare dal 131,2% del 2017 al 126,7% del 2021, rimandando così il pareggio di bilancio ad oltre il 2021. Il punto è sulla realizzazione dei punti principali del contratto di governo e nel voler rilanciare gli investimenti. Da qui la decisione di adottare “una politica fiscale meno restrittiva, con un indebitamento netto pari al 2,4% del Pil nel 2019, al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021”. Nel documento si parla anche di clausole di salvaguardia per evitare l’aumento dell’Iva, un obiettivo da raggiungere tramite “interventi di riduzione della spesa e di potenziamento dell’attività di riscossione delle imposte”. Il Governo, che punta nei prossimi tre anni a 15 miliardi di investimenti, ha l’obiettivo di arrivare ad altri 30 miliardi di euro tra il 2022 e il 2033 grazie al contributo delle riforme strutturali. Nel 2008 gli investimenti in Italia rappresentavano 3% del pil ma nel 2017 sono scesi al 2%. 1,5 miliardi di euro, infine, dovrebbero essere messi a disposizione per risarcire i truffati delle banche.

QUOTA 100 PER IL RICAMBIO GENERAZIONALE
La Quota 100, tendente al superamento della Legge Fornero, si basa su un calcolo misto tra età anagrafica e anzianità contributiva e si ottiene sommando i due le due anzianità. Secondo il documento, il raggiungimento del limite anagrafico di 62 anni e di quello contributivo di 38 anni consentirebbe “nuove modalità di accesso al pensionamento anticipato”, agevolando così il fisiologico turnover delle risorse umane impiegate “anche per rinnovare le competenze necessarie all’innovazione”.  La Quota 100, quindi, tenderebbe ad agevolare il ricambio generazionale e consentire ai giovani di poter avere accesso al mercato del lavoro. Inoltre il Governo sembrerebbe voler tentare di favorire le pensioni delle nuove generazioni.

REDDITO DI CITTADINANZA
Non sembrerebbe così, eppure il Reddito di Cittadinanza nasce anche per favorire l’accesso al mondo del lavoro. Si stima che circa 6,5 milioni di italiani ne usufruiranno a partire da marzo 2019, quando verranno destinati i famosi 10 miliardi di euro a sostegno della manovra. Il Reddito di Cittadinanza si inserisce a pieno titolo come strumento per combattere la povertà, andando a sostegno del reddito di chi si trova al di sotto della soglia di povertà relativa (780 euro mensili) e garantendo, quindi, una vita dignitosa. Ma un aspetto fondamentale riguarda il percorso formativo professionale, nonché l’obbligo di accettare almeno una delle 3 proposte di lavoro ‘eque’, cioè non lontane dal luogo di residenza del lavoratore. Ciò sarà determinato da un rafforzamento “qualitativo e quantitativo” dei centri per l’impiego. Due sono gli aspetti da definire: “Individuare le competenze da formare, funzionali allo sviluppo delle diverse Regioni” e “definire un sistema di tracciabilità dei fondi destinati alla ristrutturazione dei centri per l’impiego”. Un altro aspetto importante riguarda la formulazione del reddito di cittadinanza che “opererà in via completamente digitale, riducendo tempi, costi e possibilità di frodi”.

FLAT TAX E PACE FISCALE
Tra le novità contenute nel Def anche Flat Tax, ovvero un’aliquota fissa (e quindi non progressiva e/o proporzionata al reddito) per le imposte delle piccole imprese e artigiani. La Flat Tax viene correlata alla “creazione di un clima più favorevole alla crescita e all’occupazione, tramite la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro”. Secondo il testo, ci sarà una “prima fase” nella quale confluirà “l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato d’imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani”. Infatti gli investimenti e gli incrementi occupazionali da parte delle imprese saranno premiati tramite l’applicazione dell’aliquota ridotta al 15% per l’imposta sui redditi di impresa, applicata però solo agli utili destinati all’acquisto di beni strumentali e nuove assunzioni. Spicca, infine, tra gli argomenti contenuti nel documento, un decreto legge sulla pace fiscale, ovvero una misura di risoluzione del del contenzioso fiscale finalizzata a chiudere “le posizioni debitorie ancora aperte per consentire che l’attività di riscossione ordinaria riprenda con maggiore efficienza”.

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